Celebriamo la Giornata della Memoria con le parole piene di amore per la vita tratte dal Diario 1941-1943 di Etty Hillesum.
Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni. Ti invitiamo a partecipare alla nostra call per il 2024.
«Venerdì sera, le sette e mezzo. Oggi pomeriggio ho guardato alcune stampe giapponesi con Glassner. Mi sono resa conto che è così che voglio scrivere: con altrettanto spazio intorno a poche parole. Troppe parole mi danno fastidio. Vorrei scrivere parole che siano organicamente inserite in un gran silenzio, e non parole che esistono solo per coprirlo e disperderlo: dovrebbero accentuarlo piuttosto. Come in quell’illustrazione con un ramo fiorito nell’angolo in basso: poche, tenere pennellate – ma che resa dei minimi dettagli – e il grande spazio tutt’intorno, non un vuoto, ma uno spazio che si potrebbe piuttosto definire ricco d’anima. Io detesto gli accumuli di parole. In fondo, ce ne vogliono così poche per dir quelle quattro cose che veramente contano nella vita. Semmai scriverò – e chissà poi cosa? – mi piacerebbe dipinger poche parole su uno sfondo muto. E sarà più difficile rappresentare e dare un’anima a quella quiete e a quel silenzio che trovare le parole stesse, e la cosa più importante sarà stabilire il giusto rapporto tra parole silenzio – il silenzio in cui succedono più cose che in tutte le parole affastellate insieme. E in ogni novella, o altro che sia, lo sfondo muto dovrà avere un suo colore è un suo contenuto, come capita appunto in quelle stampe giapponesi. Non sarà un silenzio vago e inafferrabile, ma avrà i suoi contorni i suoi angoli la sua forma: e dunque le parole dovranno servire soltanto a dare al silenzio la sua forma e i suoi contorni, e ciascuna di loro sarà come una piccola pietra miliare, o come un piccolo rilievo, lungo le strade piane e senza fine o ai margini di vaste pianure. È buffo: potrei riempire dei volumi su come vorrei scrivere, ma può darsi benissimo che a parte le ricette io non scriverò mai nulla. Però le stampe giapponesi mi hanno fatto capire a cosa io aspiri, e mi piacerebbe camminare una volta attraverso i paesaggi giapponesi, per capirlo ancor meglio. Del resto credo che un viaggio in Oriente lo farò in futuro – per trovare in quei luoghi, vissute ogni giorno, quelle cose in cui qui ci si sente soli, in dissonanza.»
Serena Betti
Foto in alto: Elaborazione grafica di Erna Corsi
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