Donnaridens: anche ai calzini può accadere di rimanere soli…

Giulia Pretta
Alice e Alberto, protagonisti de La monogamia dei calzini di Giulia Pretta, sfidano l’Alzheimer con la forza del sorriso.

La vita di una coppia è fatta da tanti piccoli dettagli. Rituali, abitudini, memorie. Da un passato in cui si gettano i semi della propria storia. Un presente costruito giorno per giorno. Un futuro da progettare insieme. A volte, però, qualcosa può andare storto. Il figlio tanto desiderato non arriva. Il lavoro non procede come sperato. I ricordi, inclusi quelli comuni, cominciano a scolorirsi. Fino a scomparire.

Questo accade ad Alice e Alberto, protagonisti de La monogamia dei calzini di Giulia Pretta (Le plurali, 2022). Una coppia come ce ne sono tante. Che ama i giochi di ruolo, i fumetti, la vita domestica. E che non si aspetterebbe di dover rivedere le coordinate della propria relazione a causa di una malattia neuro generativa che colpisce Alberto troppo presto.

Quella descritta fin qui potrebbe sembrare una storia tragica. Invece la vicenda raccontata da Giulia Pretta è segnata da brani drammatici sì, ma di altrettanti pieni di ironia, con sprazzi di puro divertimento. Attraverso pagine piacevoli Giulia Pretta racconta il passato di Alice e Alberto, il lento dipanarsi della loro relazione prima che si manifestino i segni iniziali della malattia, e il presente tra difficoltà e voglia di non abbattersi.

giulia pretta - la monogamia dei calziniOgni capitolo della storia è preceduto da una mappa del luogo in cui si svolge principalmente, vale a dire la loro casa. Che a un certo punto diventa l’unico scenario possibile della vita di Alberto, forzatamente limitato negli spostamenti. Il rapporto di Alice e Alberto è descritto con dettagli realistici in cui potremmo riconoscerci tutti. Come il gesto di aspirare l’aria tra i denti che Alberto fa ogni volta che sente un brano musicale spagnoleggiante. Oppure quello di Alice di seguire con le dita il profilo delle sopracciglia del suo uomo. Alto, attraente, dagli occhi chiari che a un certo punto cominciano ad annebbiarsi. Come la sua memoria.

Nella postfazione Roberta Lepri scrive che in queste pagine non c’è commiserazione, perché l’intelligenza emotiva sa di essere più forte della malattia: non la sconfigge, ma le fa sgambetto ogni cinque minuti. La fiacca, aggiungeremmo, a colpi di ironia. Che non manca neanche nei momenti più duri. Come quando Alice è soddisfatta di riuscire a fare ancora colpo su Alberto, incontrato in una sala da ballo, osservando che «bastava solo un pizzico di Alzheimer per realizzare l’alchimia». Come se la smemoratezza di Alberto le facesse vivere un nuovo primo incontro. O nelle frasi che riescono a inquadrare l’intera storia di un personaggio in poche parole. Ad esempio nella descrizione di Loretta, sorella di Alberto, che «segnava sempre il tempo con il piede quando parlava […] per non far dimenticare mai a nessuno che aveva studiato pianoforte. Per tre mesi. A dodici anni».

Alice e Alberto sono due personaggi veri nel loro essere imperfetti, che affrontano la malattia senza snaturarsi, senza buonismi, in una storia la cui unica morale è quella che non esistono morali tranne la necessità di accettare la vita per quello che é, con tutta la leggerezza possibile. Almeno fino a che rimane vita.

Silvia Roncucci

In alto: Giulia Pretta, foto dal sito dell’autrice, giuliapretta.it

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3 commenti su “Donnaridens: anche ai calzini può accadere di rimanere soli…”

    1. Magnifica recensione per un ottimo romanzo. Ancora oggi, due anni dopo averlo letto, questo “calzino spaiato” si emoziona.

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