In un piccolo paese a cavallo dell’appennino tosco-emiliano una bambina sognava di comprare la locanda del paese.
La rubrica Donne oltre il consueto di oggi da voce alle donne che ogni giorno incontriamo e dietro le quali si nascondono meravigliose storie di vita e intraprendenza. L’idea è nata dagli splendidi scatti della mostra Fate! di Manola Biggeri e da tutti quei mondi che la nostra Paola Giannò, guardando le foto e ascoltando i racconti di Manola, ha intravisto. Mondi che le dirette interessate ci hanno raccontato e che sono la prova di come nessuna donna possa essere rinchiusa in uno stereotipo, di come ognuna sia oltre il consueto modo di rappresentare il femminile. La storia che state per leggere nasce dalla penna di Manola Biggeri, che conosce personalmente e da tempo la nostra protagonista di oggi.
Giuseppina Cassettari, per tutti Beppina, è nata e cresciuta in un piccolo paese a cavallo dell’appennino tosco-emiliano: San Pellegrino in Alpe, trentotto abitanti, ma in inverno effettivi molti meno. Un paesino che si trova a metà fra il comune di Frassinoro, in provincia di Modena, e quello di Castiglione Garfagnana in provincia di Lucca. Siamo quindi un po’ in Toscana e un po’ in Emilia Romagna. Una condizione strana o eccezionale come la storia della nostra Beppina, l’emblema per me, dell’empowerment femminile.
Beppina appartiene alla classe 1940, ma non dovete immaginare gli anni Quaranta delle grandi città. Come tutte le famiglie di quel luogo e di quell’epoca anche la famiglia della Beppina viveva essenzialmente di pastorizia e di agricoltura. Era così per tutti e a tutti andava più o meno bene, tanto non c’erano alternative e quindi meglio vivere in pace. Anche per lei all’apparenza andava tutto bene se non fosse stato per quella fiammella che sentiva dentro, attiva come la spia delle nostre caldaie: tenera, gentile, sopita ma sempre accesa.
Con il suo gregge Beppina passava tutte le mattine davanti alla locanda del paese, frequentata da villeggianti in fuga dalle città e in cerca di aria buona. La guardava e mentre guidava il suo gregge o le sue mucche immaginava sé stessa a dirigerla. Si immaginava a scegliere i menù del giorno, a sistemare le camere per gli ospiti e a intrattenere persone in un ambiente diverso da quello dei boschi in cui menava i suoi animali con qualunque tempo e qualunque temperatura. Quella era la vita per la quale si sentiva portata.
In casa aveva detto più volte «Voglio comprare la locanda!», ma nessuno prendeva sul serio il suo sogno. Allora e in quei luoghi la possibilità di emanciparsi dalla vita quotidiana rurale, senza istruzione e disponibilità economiche era bassissima, se aggiungiamo il fatto di essere una donna le possibilità drasticamente si azzerano. Queste sono considerazioni che facciamo oggi, a posteriori, ma all’epoca Beppina era solo una bimba che non lo sapeva e non lo voleva sapere. La sua mente volava sempre in alto, come fa il calabrone a dispetto della teoria che glielo rende impossibile.
Un bel giorno, ormai ragazzina, decide che forse è il momento di dire basta, che i tempi stanno cambiando e non è più possibile pensare solo alla sopravvivenza. Quello che serve è altro, deve rispolverare il suo sogno e per prima cosa le serve un impiego. Il problema è come trovarlo e anche dove. In un paesino di trentotto anime (in estate), il cui centro abitato più vicino si trova a venti km, senza un mezzo di trasporto e senza competenze spendibili al di fuori della propria realtà familiare come avrebbe potuto fare?
La situazione era tale che avrebbe fatto desistere chiunque, ma non Beppina. Oltre ai genitori aveva in casa sei tra fratelli e sorelle e ovviamente aveva imparato come tenere pulita una casa, cucinare con quello che c’è, fare il bucato alla fonte, rammendare e aggiustare gli abiti. Aveva insomma appreso il “mestiere della donna”, l’unico che si insegnava alle figlie femmine insieme a quello della madre per il quale però era ancora presto. Beppina aveva imparato tutto e tutto le sarebbe servito.
A trasformare i vincoli in opportunità oggi lo insegnano nei master per manager, ma Beppina lo sapeva già ed è forse una massima che ha ispirato la sua vita. La nostra giovanissima Beppina partì, a piedi, per la città con le sue competenze “da donna” per trovare lavoro come governante, sguattera, lavandaia o qualunque altra cosa presso qualche ricca famiglia. Ovviamente lo trovò.
Non era certo un lavoro leggero e neanche semplice. Le persone in città avevano molte più esigenze rispetto ai suoi fratelli in montagna. Vivevano diversamente dalle persone del suo paesino: il letto candido, gli abiti ben stirati, acqua tiepida per lavarsi, il cibo da disporre ordinatamente nei piatti. A San Pellegrino tutto era più semplice, immediato e senza fronzoli. Beppina senza farsi tante domande imparava e assorbiva come una spugna tutto quello che gli spiegavano e replicava. Se sbagliava lo faceva una volta sola. Lavorava instancabilmente.
La Beppina imparando cresceva e conservava tutti i suoi guadagni senza farsi distrarre da niente, perché il suo sogno, il suo faro, era e rimaneva lo stesso. «Tornare a casa, comprare la locanda di San Pellegrino e vincere così il suo posto nella società del mondo che cambia». Solo in seguito avrebbe pensato ad altro, come sposarsi e avere dei figli. Questioni che in quegli anni erano indispensabili affinché una donna fosse “in regola” con il resto del mondo.
Qualche mese prima del suo ventiduesimo compleanno la nostra eroina, che era riuscita a mettere da parte quanto bastava per comprare l’albergo, fedele al suo sogno lasciò il lavoro per tornare (sempre a piedi) al paese. Possiamo immaginarla con la valigia, forse piena di quelle banconote lavate dal sudore dell’infanzia e adolescenza trascorse come un’adulta, attraversare montagne, affrontare salite con un peso maggiore rispetto all’andata ma con il suo sogno come propulsore.
Arrivò agitata, sudata e impolverata ma felice. Giusto il tempo di rinfrescarsi e cambiarsi d’abito (le buone maniere ormai erano parte di lei), di dare un bacio a sua madre per poi dirigersi, forte dell’aiuto e della presenza importante di due dei suoi fratelli, con la sua valigia verso il suo sogno. Beppina è stata la prima donna imprenditrice del suo paese, la prima ragazza che, scandalosamente, ha deciso per sé della sua vita, l’emblema assoluto del nostro femminile inconsueto, la portabandiera del progetto Fate! Donne straordinariamente ordinarie.
Dopo aver avviato la propria attività Beppina si è sposata con Claudio, suo grande amore, e insieme hanno avuto cinque figli. Beppina ci tiene a far sapere che Claudio è sempre stato ben lontano dall’essere l’uomo tipico dell’epoca e che l’ha sempre appoggiata in tutto. L’ha aiutata a rilevare le parti dell’albergo che ancora mancavano, incoraggiata e aiutata nei momenti difficili e anche in quelli ordinari, senza mai oscurare la sua luce. Da sessantadue lunghissimi anni la Beppina ancora abita e lavora nel suo albergo di San Pellegrino in Alpe, lato emiliano. Dirige la cucina, organizza le camere, si occupa dei check-in degli ospiti e del ristorante e ancora gestisce tutto con l’aiuto dei suoi figli.
Questa rubrica vuole anche sottolineare l’importanza del fare rete, di condividere idee, ambizioni e aspirazioni che grazie alla collaborazione possono prendere strade inaspettate. Se anche tu vuoi diventare una protagonista della nostra rubrica non esitare a contattarci a redazione@laltrofemminile.it.
In alto: Beppina, l’emblema dell’empowerment femminile – Foto di Manola Biggeri
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