La poesia nel dì di domenica presenta “Indizi terrestri” di M. I. Cvetaeva

Marina Ivanovna Cvetaeva
Poeta di grande talento e sensibilità, fu una delle figure più influenti e controverse della letteratura russa del XX secolo. Il suo contributo alla poesia rimane immortale.

Con Marina Ivanovna Cvetaeva entriamo nella Russia della rivoluzione. La vita della poeta fu alternata da amore e dolore. Cvetaeva è stata una figura straordinaria che ha attraversato un periodo tumultuoso della storia russa, portando con sé il peso delle tragedie personali e delle sfide politiche. La sua eredità poetica continua a vivere attraverso le pagine intrise di passione e struggimento che ha scritto. La sua vita e le sue opere rimangono un testimonianza della potenza della creatività umana di fronte alle avversità.

Nonostante le difficoltà incontrate durante la sua vita, Marina Cvetaeva ha lasciato un’impronta indelebile nella storia letteraria. Le sue poesie, spesso ispirate dall’amore, dalla perdita e dalla patria, continuano a essere lette e studiate in tutto il mondo. Le sue opere parlano della sanguinosa Rivoluzione russa, della separazione dal marito Serjej Efron, arruolato nell’Armata Bianca. Parlano di sofferenza e perdite, tra cui quella della figlia più piccola, che segnarono la sua vita e la sua poetica da cui non si divise mai.

Si ritrovò sola con le figlie in una Mosca in preda a una carestia mai vista in precedenza. La guerra civile e la situazione politica resero difficile la vita di Cvetaeva, che fu costretta a fare i conti con la fame e la povertà. La sua poesia di questo periodo riflette il tumulto dell’epoca, esprimendo una profonda angoscia e una lotta interiore.

Dopo la Rivoluzione, la Russia fu travolta da un periodo di grande instabilità politica. Marina Cvetaeva, in disaccordo con le nuove autorità, si trovò costretta a lasciare il suo paese natale. Trascorse diversi anni in esilio, vivendo in condizioni difficili in diverse città europee. Durante questo periodo, scrisse molte delle sue opere più toccanti, riflettendo sulla nostalgia per la sua terra e le tragedie personali che aveva vissuto.

Nel 1939, la Cvetaeva decise di fare ritorno in Unione Sovietica, sperando in un futuro migliore. Tuttavia, il ritorno fu accolto con sospetto da parte delle autorità sovietiche. Il marito, Efron, fu arrestato e successivamente condannato a morte, mentre la poeta fu esclusa dalla comunità letteraria ufficiale. La vita di Marina Cvetaeva non ebbe un lieto fine. Nel 1941, dopo la morte del marito, si suicidò a Elabuga. La sua morte decretò la fine di una vita segnata da tragiche vicissitudini e una carriera poetica intensa e appassionata.

Nonostante la sua scomparsa prematura, Marina Cvetaeva è riconosciuta come una delle voci più importanti della letteratura russa del XX secolo. La sua poesia è caratterizzata da una straordinaria ricchezza linguistica, una profonda introspezione e una capacità unica di esprimere emozioni complesse. Il suo impatto sulla letteratura mondiale è considerevole, e il suo lavoro continua a essere studiato e apprezzato in tutto il mondo.

Dopo Frivolezza – caro peccato proponiamo un’altra poesia della Cvetaeva, poeta passionale e affascinante, la cui capacità di catturare l’essenza delle emozioni attraverso le parole rimane un esempio di maestria poetica. Per La poesia nel dì di domenica, Serena Betti legge per noi Indizi terrestri. Buon ascolto.

Debora Menichetti

Foto in alto: Marina Ivanovna Cvetaeva

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Indizi terrestri

Così, nella vita, tra fatiche quotidiane
e amori di una notte, scorderai l’amica
coraggiosa, il suono
dei suoi fraterni versi.

L’amaro dono della sua durezza,
la timidezza, maschera del fuoco,
e quello spasmo, scossa senza fili,
che ha il nome di: lontano!

Tutto l’antico tranne – «dammi!», «mio!»,
tutte le gelosie – non la terrena,
tutte le fedeltà – ma anche all’estremo
scontro – sempre incredula Tommaso…

Sii prudente, mio tenero, ti imploro:
non dare asilo alla fuggiasca –
l’anima! Viva la virile intesa
delle amazzoni, limpida congiura!

Ma forse, tra cinguettii e conteggi,
sfinito dal fatale eterno
femminino, ti tornerà alla mente
la mano mia senza diritti.

Le labbra – senza preventivi.
Le braccia – senza pretese.
Gli occhi – senza palpebre,
protesi – nel vivo!

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