La poeta di oggi, interprete e osservatrice della natura, ha fatto parte del movimento letterario internazionale definito ecopoetry.
Negli ultimi anni del Novecento negli Stati Uniti e in altri paesi anglofoni si è sviluppato un movimento poetico ispirato a tematiche ecologiche. È in questo filone che troviamo Mary Oliver, la poeta nata nel 1935 vicino a Cleveland, nell’Ohio, che ci accompagnerà in queste domeniche. La sua poesia è stata definita con termini come, tra gli altri, “misticismo pragmatico” e “panteismo ecologico”.
Mary Oliver, che ha iniziato a scrivere ancora adolescente, era affascinata da quello che vedeva. Amata dal pubblico, sempre numeroso nei suoi reading, e acclamata dalla critica, era nota per i suoi componimenti dedicati alla natura, alla vita selvaggia e agli animali.
Ha condotto una vita molto semplice per oltre quarant’anni in Massachusetts, nella penisola di Cape Cod, insieme alla sua compagna, la fotografa Molly Malone Cook. Si alzava la mattina presto e andava a passeggiare in compagnia di un piccolo quaderno in cui annotava ogni cosa che incontrava e che la ispirava: alberi, fiori, animali, stagni. Si sentiva parte della natura con cui era in continuo dialogo.
Su Wikipedia, alla voce “Opera” si legge: «Intensa e gioiosa osservatrice del mondo naturale, Mary Oliver viene spesso paragonata a Walt Whitman e Henry David Thoreau […] Le sue poesie sono ricche di immagini quotidiane provenienti dalle paludi vicino a casa sua a Provincetown: pivieri, serpenti d’acqua, le fasi della luna e le megattere […] La sua opera, infatti, rappresenta uno dei punti più elevati della poesia consacrata alla natura. Coi suoi lavori ha aperto molte strade per la presa di coscienza della crisi ambientale.»
La poesia che presentiamo oggi, Un giorno, finalmente, hai capito, è una raccomandazione a prendere per mano la nostra vita, smettendo di assecondare quello che il mondo esterno ci chiede, ma ascoltando la nostra voce interiore. L’elaborazione video è curata da Debora Menichetti.
Serena Betti
In alto: Mary Oliver – Foto di Marianna Cook
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Il viaggio
Un giorno, finalmente, hai capito
quel che dovevi fare e hai cominciato,
anche se le voci intorno a te
continuavano a gridare i loro cattivi consigli;
anche se la casa intera si era messa a tremare
e ti sentivi alle calcagna l’antico contrasto.
“Sistema la mia vita!”,
gridava ogni voce.
Ma non ti fermasti.
Sapevi quel che andava fatto,
anche se il vento frugava con le sue dita rigide
giù fino alle fondamenta, anche se la loro malinconia era terribile.
Era già piuttosto tardi,
era una notte tempestosa,
la strada era piena di sassi e rami spezzati.
Ma poco a poco,
mentre ti lasciavi alle spalle le loro voci,
le stelle si sono messe a brillare
attraverso gli strati di nubi
e poi c’era una nuova voce
che pian piano hai riconosciuto come la tua,
che ti teneva compagnia
mentre t’inoltravi sempre più,
di buon passo, nel mondo,
determinata a fare
l’unica cosa che potevi fare;
determinata a salvare
l’unica vita che potevi salvare.