Clara Calamai, la “magnifica ossessione” del cinema del ventennio fascista

Clara Calamai
«Clara Calamai. con il suo sguardo promettente e un po’ lascivo, sfida l’opinione pubblica e fa cadere u tabù.» Marco Innocenti

Dal sesto numero de L’Altro Femminile, donne oltre il consueto, scarica il PDF della rivista o sfogliala online.

Clara Calamai nasce nel 1909 a Prato, figlia di una casalinga pistoiese e di un capostazione fiorentino. Mio padre nasce a Pistoia nel 1940 e sua nonna Bianca Calamai gli raccontava spesso di essere parente di una Clara che faceva l’attrice: bella, occhi chiari e “distanti dal naso” come tanti di loro in famiglia, diceva. Se lo ricorda ancora adesso mio padre, a ottantaquattro anni, e non ha mancato di dirmelo quando, durante un tg regionale, ha visto il bel volto di Clara in tv, in occasione del venticinquesimo anniversario dalla sua scomparsa. «Che anni difficili» ha detto, «chissà che volontà di ferro che ha avuto quella donna!» Sì, credo proprio che Clara sia stata una donna che, liberamente e molto oltre il consueto, ha cercato di farsi strada nel mondo del cinema inseguendo i propri sogni prima di tutto. Anche prima di “trovare marito”.

Il cinema e lo scandalo

Il suo debutto cinematografico avviene nel 1938 con Pietro Micca, film storico-epico con la regia di Aldo Vergano, e diventa ben presto popolare interpretando svariati film tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ‘50. Tuttavia la sua consacrazione avviene nel 1942, quando ottiene un successo straordinario con il film La cena delle beffe diretto da Alessandro Blasetti dove la sua apparizione a seno nudo della durata di soli diciotto fotogrammi (settantacinque centesimi di secondo) origina talmente tanto sconcerto che il film viene vietato ai minori di sedici anni.

Nonostante lo scandalo e tutte le voci che si scatenarono sul suo conto, la sua interpretazione fu talmente convincente e intensa che le valse il sostegno e l’ammirazione di una enorme fetta di pubblico, nonché la consacrazione come una delle attrici più promettenti dell’epoca. Come scrive Marco Innocenti nel suo saggio Le signore del fascismo – donne in un mondo di uomini (ed. Mursia), «Clara Calamai, con il suo sguardo promettente e un po’ lascivo, sfida l’opinione pubblica e fa cadere un tabù. Quel pezzo di nudo è uno choc. Un brivido percorre la schiena d’Italia quando si sussurra che la Calamai si spoglia. Per Clara resterà una etichetta provocante. E il suo ciottolo diventerà valanga: pochi mesi dopo, in Carmela, Doris Duranti raccoglierà la sfida.»

Oltre il consueto

Un’attrice dunque in controtendenza, come ancora la definisce Innocenti, che interpreta ruoli drammatici ma anche seducenti portando in giro quella sua «bellezza nervosa», elegante ma aggressiva, e che con due soli film costruisce la sua ascesa, guadagnandosi l’appellativo di «Miss Peccato del fascismo.» Questo fino a quando Luchino Visconti, il “regista rivoluzionario”, la guida a conquistarsi uno spessore nuovo, portandola a diventare la moderna attrice del nascente neorealismo italiano.

Il film Ossessione, da lui diretto, è il primo grido di modernità e il primo grido di affermazione di bravura e stile di Calamai che, diretta da lui, dà il meglio di sé, probabilmente anche motivata dal fatto che lei ama, non riamata, Visconti. Nel 1945 lavora diretta da Alberto Lattuada in Il bandito, divenendo una musa per molti altri registi in quegli anni difficili ma pieni di slancio verso il futuro, tra cui Roberto Rossellini e Giuseppe De Sanctis.

Lavoro, amore, vita privata

La sua presenza scenica e soprattutto la capacità di immergersi completamente nei personaggi mostrano sempre di più, e forse soprattutto negli anni della sua maturità, quanto Clara sia dotata di profonda sensibilità artistica e di amore per il suo lavoro. Amore che la porta sempre a rialzarsi anche dopo periodi di inattività provocati da scelte di ruoli meno fortunati e da eventi importanti della sua vita privata. Tipo il matrimonio, la maternità e, a seguire, un super-divorzio: nel 1959 infatti il suo matrimonio con il conte e produttore cinematografico Leonardo Bonzi, padre delle sue due figlie, viene annullato dalla Sacra Rota e l’ormai ex attrice e simbolo del sesso si lega a un comandante dell’aviazione.

Già dai primi anni ‘50 Clara inizia a trascurare il cinema e le sue apparizioni diventano sempre più rare: gli sporadici ritorni sono per lo più “tirati” dalle richieste dei suoi amici registi. Visconti la chiama insistentemente per interpretare il ruolo di una prostituta in Le notti Bianche e nel 1967 in un episodio di Le streghe. Pierre Bonnard la vuole invece in Afrodite, dea dell’amore e “il nostro” Dario Argento la chiama nel 1975 per interpretare una folle madre in Profondo rosso, in un ruolo veramente emblematico, e non solo per gli appassionati del genere.

Il film è quel successo planetario che tutti noi nati negli anni ‘70 ci ricordiamo: solamente in Italia incassa oltre tre miliardi di lire divenendo un vero e proprio cult. Dopo Profondo rosso, Calamai si ritira definitivamente dal cinema e, come racconta ancora Innocenti, diviene «una Ginevra invecchiata e riservata, appartata, annoiata, come un fiore secco che continua a segnare in un libro le pagine del passato. Quando muore, nel 1995 a Rimini, la chiamano “la magnifica ossessione”.»

Elena Marrassini

Foto in alto: Clara Calamai

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