Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #96

L’autore, in questo racconto, propone un ribaltamento delle parti che non consola. Anzi, amareggia perché la violenza è sempre e solo violenza. Ingiustificabile. Sempre.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.
Con grande piacere pubblichiamo “Pantaloni” il racconto con il quale Apolae ha partecipato alla nostra seconda call del 2024.

PANTALONI di Apolae

Quindi rimbocca le coperte a Zoe, Dormi amore, finalmente mansueta nella gabbia del lettino. Tiene le serrande socchiuse, giusto uno sbuffo di luce. Piega i bavaglini con cura e li ripone nel cassetto. Riaccomoda sulla mensola i pelouche inclinati. Spolvera un paio di foto passando in corridoio e torna in cucina a tagliare le zucchine, julienne come al solito, perché Saniya il cous-cous lo vuole così sennò sono dolori. Fausto stringe la cinta della vestaglia, risvolta le maniche grinzose, accende la radio sulla credenza e col coltello affetta le verdure, zucchine certo, ma anche rape e carote, con un pizzico di cumino, senza scordare una piccola melanzana. Tutto sottile, sottilissimo, attento ai tagli sulle dita eppure rapido, che quando lei rientra è meglio sia tutto fumante. Inuyasha di Mahmood gli fa compagnia a basso volume, Zoe dorme e nemmeno la burbera vicina tollera rumori, intanto Fausto sbuccia e taglia, separa e prepara, non ricorda le parole del brano ma si arrampica sulla scala della melodia. Pulisce il lavello con carezze prolungate in un pensiero distratto, il riverbero trasparente di qualcosa che ha dimenticato. Su Facebook le amiche postano cornetti farciti a piazza Salotto, i primi ombrelloni piantati sul lungomare, distensioni in palestra con le spalle modellate. Lui scorre le foto col dito, galleria di invidia formato pixel, chino sul vaso del bagno come un alloro floscio. All’angolo gocce giallastre deflagrate da una minzione di Samiya, lei continua a farla in piedi, ma chiederle di provare seduta non se ne riparla, due graffi sulla carotide parlano chiaro. Si tocca il segno in rilievo e compare una notifica di messaggio dalla moglie: “Anche se non lo meriti, oggi ti porto un regalino”.

Samiya rientra a casa tutta calce e terra, chiude la porta e getta lo zaino dove capita, tra le mani callose un pacchetto, Per te prendi, Grazie che gentile, Apri forza. Fausto sfiocchetta e scarta, stende davanti allo sguardo sorpreso un foulard blu, la donna ride e glielo pone sulla testa, nodo sotto la gola, dice che gli dona proprio, valorizza i suoi occhi celesti e lui ringrazia, un po’ forse confuso ma lei sorride ancora e non vuole contraddirla, sarebbe sciocco, soprattutto ora che le unghie ruvide della moglie s’infilano nella vestaglia, Sei ancora pieno o no, lente per farglielo capire che è il momento di svuotare. I testicoli pulsano deboli tra i polpastrelli invadenti, un’incertezza di lui incontra l’assenso di lei. L’uomo aderisce con la schiena al tavolo della cucina, cosce aperte e vestaglia scivolata giù, offre il pene rigido al pugno ossuto della moglie che stringe e lascia, tira forte, pare volerlo strappare via, lui con lo sguardo dentro la plafonière come fosse un oblò affacciato verso un punto intermittente, forse il faro di Tunisi all’alba, sollievo prezioso, la costa di ciottoli arsi sempre più vicina, i tetti bianchi d’incanto e il groviglio di stradine affollate, piazzette chiassose, cunicoli a gomito, vicoli ombrati. Divora la polpa di un dattero appena colto, respira zaffate sospese di sandalo, tratta sul prezzo di una fibbia in avorio, beve karkadè in un arabesco di ceramica smaltata, fuma un narghilè condiviso con viandanti sconosciuti. L’anima della città si allarga e si restringe come un racconto in bilico tra memoria e desiderio, lo introduce suadente e lo respinge turbata, si avvita introversa e poi saltella euforica, in uno spazio che sta tutto in un punto e che da quel punto parte, vi ruota attorno, fino a trovare la tangente appoggiata sul presente stremato. Fausto vorrebbe continuare a sognare, ci prova e riprova, però si desta davanti allo zampillo di una fontana. Il paziente soriano dalle lunghe vibrisse, dopo aver osservato moglie e marito, lecca di gusto il succo schizzato sul parquet.

Dopo un pranzo rigido e silenzioso, come l’ultima oasi prima delle sabbie, Saniya consuma il corridoio in pochi passi. Su di giri, dice a Fausto che ha preteso una promozione al capo, o almeno un aumento, altrimenti sarebbe andata dove l’avrebbero apprezzata davvero. Non scherza affatto, gesticola nervosa. Si guarda nello specchio del salotto spremendo un punto nero in fronte, la voce si fa roca, è stanca di quel posto e non ha alcuna intenzione di farci la muffa. Merita di meglio, è chiaro. Punta al divano offendendo l’ingegnere e pesca il telecomando tra due cuscini. Pigia forte sul tasto rosso e conclude che deve decidersi a fare un provino per Affari Tuoi, che coi suoi occhi affilati avrebbe bucato lo schermo, senza contare il suo intuito spiccato per indovinare i pacchi e la storia struggente del bisnonno eroe nel Sahara. Si siede sul sofà, palmi dietro la nuca stopposa e gambe stese sul pouf, Porta una Peroni, Calda o fredda, Ghiacciata coglione, Scusa arriva. La tv si accende sulla Rai, gioca l’Italia, tutti zitti. Rimedio e Adani scambiano pronostici sotto gli occhi mascarati della donna, stivali slacciati e camicetta sul tappeto, rimasta in reggiseno e pantaloni davanti alla fila di atleti pronti per gli inni nazionali. La coda del gatto si adagia sorniona sul seno, da mesi interdetto a Fausto come una coppia di datteri troppo alta. Il pubblico applaude l’ingresso dei giocatori, lei urla Birra cazzo e Fausto stappa coi cerotti che gli tremano sulle dita, piangendo finché gli archi di Mameli coprono il tonfo dei suoi singhiozzi. Dunque si asciuga le lacrime nelle pieghe della vestaglia, raddrizza il bordo del velo sulle orecchie e porta la bionda alla moglie, impaziente, subito con le labbra aride alla bottiglia. L’uomo rimane imbambolato ad ammirare il movimento deciso della donna, i suoi lineamenti marcati, la pelle olivastra impastata di malta e sudore. Lei riprende fiato plateale, inspira ed espira con foga, sul viso il gancio di un sorriso provocatore, Lo sai eh Fausto, Cosa tesoro, Lo sai che ti amo.

Apolae

In alto: elaborazione grafica di Erna Corsi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Si fa chiamare Apolae per scrivere liberamente. Piccoli premi locali per narrativa breve. Pubblicazione nel 2022 nell’antologia di LibroMania (DeA) “The Source. Scrivere sull’Acqua”. Suoi racconti compaiono online su: Altitudini, CrunchEd, Fiat Lux, Galapagos, Gelo, Grado Zero, In fuga dalla bocciofila, Kairos, L’appeso, L’equivoco, Liberi di scrivere, Limen Pastiche, Linoleum, Lo Scisma, Nabu Storie, Narrandom, Nido di Gazza, Pulpette, Racconticon, Racconti Senzabuccia, Smezziamo, Spaghetti Writers, Squadernauti, Tango Y Gotan, Topsy Kretts e Tremila Battute. Altri testi popolano la pagina Instagram apolae_fotoracconti. Ama la sua famiglia e la letteratura. Si impegna per coniugarle.

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Solve : *
7 + 23 =