L’ipocrisia della Body Positivity: inclusività e giudizi impietosi

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Il movimento Body Positivity promuove l’accettazione di tutti i corpi, indipendentemente da forma, dimensione, colore della pelle, genere, caratteristiche fisiche. Ma è davvero così?

Nato come reazione alla cultura dominante, che ha spadroneggiato fino a pochi anni fa imponendo standard di bellezza totalmente irrealistici e limitanti, il Body Positivity incoraggia le persone ad amare il proprio corpo così com’è.

Eppure sui social media fioriscono canali e influencer che celebrano il make up, la skin care, il pilates al muro, il digiuno intermittente e ogni sorta di “rimedio” per modellare il proprio aspetto, contrastare la menopausa o comunque il normale fluire del tempo, scovare cliniche straniere che, a prezzi popolari, re-impiantino capelli o modifichino il colore degli occhi.

In televisione e al cinema continuiamo a vedere quasi esclusivamente corpi perfetti e visi scolpiti dalla chirurgia o da “ritocchini” più o meno invasivi. Sulle passerelle di alta moda, dopo quello che sembra essere stato un trend già tramontato di inclusione delle taglie forti, sono tornate prepotentemente le “ragazze grissino”. Un panorama sconfortante in cui brillano però poche significative eccezioni.

La splendida Monica Bellucci sembra lasciare che il tempo segni il suo viso. Andie MacDowell ha abbracciato coraggiosamente i suoi capelli grigi ed è diventata sostenitrice dell’invecchiamento con grazia. Diane Keaton sfoggia senza problemi i propri nel suo stile caratteristico, dimostrando che possono essere chic ed eleganti, così come Meryl Streep, esaltata in un fascino senza tempo. Sarah Jessica Parker mescola perfettamente i capelli grigi con quelli biondi creando dimensioni e contrasti sorprendenti in un mix naturale e armonioso.

Emma Marrone si è recentemente svestita sul palco, fiera. E alle critiche sulla sua fisicità ha risposto: «Non sono arrivata a quarant’anni per farmi dire da altri come mi devo vestire.» A suo tempo anche Vanessa Incontrada era stata disapprovata per non essere ritornata in forma dopo la gravidanza, come se questo la rendesse meno femminile o desiderabile. Ma cosa c’è di più bello di un corpo che ha appena creato una vita?

Questi sono solo esempi di donne che si sono liberate degli stereotipi tradizionali che le piattaforme mediatiche e le passerelle, il cinema o la televisione celebrano. La verità è che, se pur da una parte siamo bombardati da presunti messaggi sull’inclusività, dall’altra assistiamo ancora alla richiesta da parte della società, soprattutto e tristemente da parte di altre donne, di aderire a canoni di presunta perfezione: lineamenti, proporzioni, tonicità della pelle, del corpo… quindi diete e chirurgo estetico.

Ma il corpo perfetto non esiste! La vecchiaia poi non viene mai considerata un valore aggiunto in termini, per esempio, di esperienza, di consapevolezza. Sembra inaccettabile lasciare che il tempo, la genetica e la vita ci plasmino, nonostante la tanto celebrata body positivity.

Scelte di autenticità, salute e sicurezza (per i rischi e le complicazioni potenziali associati agli interventi chirurgici), accettazione dell’invecchiamento, sfida agli stereotipi e – perché no? – sostenibilità grazie alla riduzione di prodotti chimici per i capelli ad esempio, dovrebbero contribuire all’empowerment di noi donne.

L’autodeterminazione e l’affermazione del proprio valore indipendentemente dall’aspetto fisico aiuterebbero sicuramente il nostro benessere mentale e l’autostima, facendoci sentire accettate e valorizzate per chi siamo, non per come appaiamo. Ma la Body Positivity deve venire da dentro, da noi stesse, non da una moda passeggera legata al trend del momento e soprattutto dobbiamo trovare nelle altre donne, che ci stanno intorno, sostegno e supporto – prendo in prestito le parole di Sarah Jessica Parker – «sia che scegliamo di invecchiare in modo naturale e di non sembrare perfette, sia se facciamo qualcosa che ci fa sentire meglio.»

Federica Carteri

Foto in alto: Body Positivity

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