Léa Todorov: la regista degli ingredienti segreti del metodo Montessori

Léa Todorov
Il suo esordio va oltre la biografia di una donna oltre il consueto e del suo metodo, più diffuso nel resto del mondo che in Italia.

Il film Maria Montessori – La nouvelle femme della regista Léa Todorov, nelle sale cinematografiche dal settembre 2024, è qualcosa che supera la semplice biografia. La protagonista, oltre ad essere stata tra le prime a laurearsi in medicina in Italia, è anche la madrina di un metodo pedagogico conosciuto e diffuso in tutto il mondo. A partire da un episodio di finzione la pellicola ripercorre la vita di Maria Montessori, ma ha l’ulteriore merito di aprire le porte a riflessioni sempre utili.

L’interpretazione del ruolo di Maria Montessori è affidato a una bravissima Jasmine Trinca mentre Leila Bekhti veste i panni della cortigiana Lili d’Alengy. Durante la visione emerge come due donne, dalle vite e professioni così distanti, possano in realtà ritrovarsi in territori comuni. Entrambe difendono la propria indipendenza e hanno fatto scelte riguardanti la maternità che, ancora oggi, farebbero alzare gli occhi al cielo ad alcuni.

In realtà sulla maternità di Maria Montessori potremmo scrivere un romanzo intero e quindi non mi soffermo. Il nucleo centrale della pellicola, tuttavia, credo debba essere ricondotto a ciò che Maria Montessori ha dimostrato. Léa Todorov ha voluto riconoscere omaggio al suo metodo non solo regalandoci la visione del film, ma anche durante le riprese.

Guardando il film è immediato comprendere quanto il metodo di Maria Montessori sia innovativo. Attraverso semplici fatti appare evidente come le esperienze che vengono proposte durante l’infanzia possano produrre apprendimento e quindi trasformazione. La sua scoperta è resa ancora più evidente perché emersa con quelle piccole persone con disabilità che all’epoca erano ritenute ineducabili.

Tutte le bambine e bambini che hanno recitato nel film presentano realmente disabilità motorie o cognitive. Léa Todorov ha approntato sia il casting che le riprese con sensibilità e attenzione. Ha voluto che per loro l’esperienza fosse come un gioco e che percepissero, come sosteneva Maria Montessori, che tutto è possibile se condito con gli ingredienti segreti della fiducia e dell’amore di chi educa verso l’educando, ricordando come una delle esigenze primarie umane siano proprio l’attenzione e l’amore.

Il film è il primo lungometraggio della regista, che nel 2016 si era già occupata di metodi di insegnamento alternativi nell’ambito di un documentario, e ha contribuito, insieme a Catherine Paillé, alla sceneggiatura. L’esordio di Léa Todorov lascia presagire altre belle sorprese anche solo per la capacità dimostrata di aver saputo condensare, in cento minuti, aspetti educativi che Maria Montessori ha studiato, osservato e verificato. Metodologie che ancora oggi alcuni pretendono di cancellare con affermazioni dal sapore demagogico.

Occorre anche riconoscere che tutt’ora le scuole montessoriane sono più diffuse nel resto del mondo che in Italia. I numeri della loro distribuzione territoriale potrebbero sorprendervi se date una rapida occhiata qui. Potremmo aprire un dibattito sulle motivazioni che vi si possono nascondere dietro.

Al riguardo, ad esempio, sono rimasta perplessa su come un noto sito cinematografico abbia titolato la recensione del film sottolineando il femminismo della Montessori, che è stata sì femminista prima del tempo, e la battuta di Jasmine Trinca «Non voglio diventare la proprietà di nessuno» per spiegare perché non vuole sposarsi.

È tuttavia anche riduttivo ricordarla oggi solo per questo. Lo stesso sito poche righe più sotto, nel nominare la regista Léa Todorov, la identifica come «figlia di un gigante di filosofia e della letteratura». Se nel 2024 ancora c’è chi identifica le donne come figlie, mogli, madri di… credo che di femminismo, o per meglio dire di parità di genere, occorra continuare a parlare e scrivere.

Paola Giannò

Foto in alto: Jasmine Trinca e Leila Bekhti in una scena del film

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