Cose che non voglio sapere: primo capitolo della sua autobiografia in movimento. Un caso letterario internazionale in tre volumi.
La scoperta di Deborah Levy è tutta colpa della mia bibliotecaria preferita. Colpa si fa per dire. Ero passata a restituire un libro che avevo terminato e appena mi ha vista è saltata su come una molla dicendo: «Questo libro lo devi leggere assolutamente! Anzi, i libri sono tre.» Si riferiva alla trilogia Autobiografie in movimento di Deborah Levy. Non potevo certo esimermi e lei, come sempre, mi ha consigliata bene.
Il primo volume Cose che non voglio sapere del 2013 è stato pubblicato in Italia nel 2024 grazie a quelli di NN, con la traduzione di Gioia Guerzoni e l’introduzione di Olga Campofreda. Il viaggio fra i meandri della memoria di Deborah Levy inizia con un biglietto aereo per Palma di Maiorca comprato d’impulso, durante un momento complicato della sua vita. Quel viaggio sarà in realtà l’inizio di un percorso interiore che la accompagnerà alla ricerca della sua identità di donna in tutte le sue diverse sfaccettature e ruoli. Quei ruoli che la cultura impone, o vorrebbe imporre, quelli a cui Levy come molte altre donne intende sottrarsi per vivere a modo suo.
Nel secondo capitolo il viaggio interiore di Deborah Levy torna indietro nel tempo. Siamo nel 1964, ai tempi dell’infanzia vissuta nel Sudafrica dell’apartheid, dove suo padre Norman è stato arrestato perché attivista e membro del Congresso Nazionale Africano a fianco di Nelson Mandela. In modo impercettibile chi legge ha come l’impressione che il linguaggio di Levy sia cambiato, che riavvolgendo il nastro il suo sguardo sia tornato quello di bambina ma con la maturità e la scelta attenta di ogni singola parola che solo una grande scrittrice può riservarci.
Nei successivi due capitoli Levy prosegue il suo viaggia e ricorda quel 1974 che, all’età di quindici anni, la vide costretta a trasferirsi in Inghilterra. La ricerca della sua voce e identità di donna si intreccia con quelle di Virginia Woolf, Simone de Beauvoir e Marguerite Duras. Ci sono donne e uomini che hanno lasciato una traccia indelebile nel nostro passato. Un passato che oggi Levy sente di dover superare, per andare oltre quella stanza tutta per sé. Percepisce che quello spazio non basta più a contenere le tante donne che sente di voler impersonare. Ci sono tuttavia degli ostacoli lungo la strada della sua libertà, ma il nostro viaggio alla scoperta di Deborah Levy è solo all’inizio.
Paola Giannò
Foto in alto: Deborah Levy by Sheila Burnett
© RIPRODUZIONE RISERVATA