“A Sergio” è la toccante elegia di Gioietta Lucaccini dedicata a tutte le vittime innocenti della Shoah. Un invito alla memoria, affinché l’orrore non si ripeta mai più.
Nuovo appuntamento con Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni. Partecipa alla nuova call “Abbagli”, invia il tuo racconto inedito entro il 30 aprile 2025.
4 aprile 1944
Era in un giorno di aprile che perdesti la tua infanzia. Il male con gli stivali in pelle prese te e la tua famiglia e vi portò là da dove non si faceva più ritorno.
Te, Sergio, con le tue cugine, venisti separato dalla mamma ed andasti nel Kinderblock 11. Giocavi con la neve. Eri con gli altri bambini. Eri ebreo. Sergio non aver paura.
«Nessuno farà mai male ad un bambino così bello.» La mamma lo dice sempre.
La mamma non sa.
27 novembre 1944
«Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti.»
La mamma non sa.
Le tue cugine te lo avevano detto. «Non andare. Sergio, no, non andare.»
«Ma io voglio vedere la mamma!»
E il tuo sorriso si spense. Per sempre. Niente più palle di neve, niente più giochi con i bambini. Venisti portato a Neuengamme con altri diciannove bambini. Venti piccole anime.
Natale era vicino, ma per voi fu poco più di niente.
19 febbraio 1945
Eravate senza forze, appesi solo alla speranza di vedere un giorno la mamma, ma un uomo dal camice bianco vi incise sotto l’ascella una x. Una piccola apertura dove iniettò i bacilli di una brutta malattia di cui non conoscevi la parola. Tubercolosi. Dopo poco smettesti di piangere. Stavi male, tremavi, avevi la febbre, eri stanco.
«Dottore, dottore! Aiutami! Aiutaci! Noi siamo bambini! Non abbiamo colpe!»
«Noi siamo ebrei. Sergio, stai tranquillo. Abbi fede. Nessuno farà mai male ad un bambino così bello.» La mamma lo dice sempre.
Ma voi, piccole anime innocenti, eravate solo cavie, non potevate salvarvi. Non eravate degni di una speranza. Lo diceva un uomo più importante di voi. Lo diceva il Führer ed i tedeschi credevano al Führer, alla loro ambizione, al diavolo.
20 aprile 1945
Sergio, fuggi.
«Non posso. Sono debole. Mi hanno operato, non cammino. Dov’è la mamma? Dovevo andare da lei? Dov’è? »
Sergio la mamma non c’è. Stanno arrivando gli alleati. Dovevi sparire. Eri la prova della crudeltà. Tu eri la prova che il male, il diavolo esiste. Sergio, un ultimo viaggio.
Dovevate andare a Bullenhuser Damm e da lì niente più sarebbe stato ombra di vita. Dovevi sparire. Era scritto. Ordini da Berlino.
Su Sergio, fai il bravo, ti devono fare un’ultima iniezione e poi starai meglio.
«No, non dormo.»
Sergio devi sparire.
Non dormivi ed allora ti misero un cappio al collo e ti appesero ad un gancio. Come una bestia da macello. Come chi non esiste.
«No. Non muoio.»
Sergio tu non potevi sopravvivere a tale orrore, nessuno di voi venti piccole anime pure. Eravate il volto della colpa. Dovevi, dovevate morire.
Montarono sopra chi ancora respirava, finché la corda si strinse in un gesto definitivo, finché non restò di voi solo una foto su cui piangere, su cui dire che «Nessuno può fare del male ad un bambino così bello.»
Sergio.
Ora sei cenere al vento.
Ora sei libero.
Foto in alto: Elaborazione grafica di Erna Corsi
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