Grandi artiste e dove trovarle: Lavinia Fontana e la sua Minerva senza veli

Tra i soggetti dipinti dall’artista bolognese Lavinia Fontana troviamo anche l’inconsueta Minerva senza veli della Galleria Borghese.

Per molto tempo le artiste, almeno nel nostro paese, sono appartenute principalmente a due categorie. La prima, per ovvi motivi, è quella delle «figlie d’arte» che hanno avuto la possibilità di apprendere il mestiere da un familiare, di solito il padre. L’altra è quella delle religiose che, non avendo una famiglia di cui occuparsi e godendo di una certa tranquillità economica, hanno disposto del tempo e dello spazio – sebbene limitato dalle mura conventuali – in cui dedicarsi all’arte. Non si tratta di una categorizzazione rigida. Come vedremo, diverse figure non sono rientrate in nessuna delle due tipologie.

Figlia d’arte fu Lavinia Fontana (Bologna, 1552-Roma, 1614). Unica erede del pittore Prospero, la giovane artista s’ispirò anche a Raffaello e al Parmigianino. All’inizio, sotto l’influsso del cattolicesimo e della Controriforma, produsse opere di carattere devozionale. Nel 1577 sposò un membro della bassa aristocrazia e nel frattempo sviluppò un nuovo interesse per il ritratto. Ebbe occasione di ritrarre alcuni illustri concittadini e nobildonne che la aiutarono a farsi conoscere e ottenere altre commissioni – da notare che avere committenti donne è stato fondamentale per le artiste anche nei secoli a venire.

Nel 1584 realizzò la sua prima pala d’altare documentata, L’Assunzione della Vergine con San Cassiano e San Pietro Crisologo, per il municipio di Imola.
Lavorò anche per l’Escorial di Filippo II di Spagna, per il quale nel 1589 dipinse una La Sacra famiglia con Gesù dormiente. Non le mancarono, insomma, commissioni decisamente illustri.

Nel 1604 si trasferì a Roma, a quanto pare anche per volontà del marito che mal sopportava la posizione di secondo piano rispetto a quella della celebre consorte. Qui ebbe occasione di lavorare per i Borghese. Nella collezione conservata nel casino di famiglia troviamo un’opera di tema mitologico, la Vestizione di Minerva (1613, olio su tela, 258 X 190 cm).

Lavinia Fontana, Vestizione di Minerva

Oltre alla figura di Minerva, diretta a recuperare abiti e armi che solitamente coprono il corpo della dea vergine, sullo sfondo compaiono la cupola di San Pietro e i simboli della divinità. Una civetta, la famosa «nottola» simbolo di razionalità, un bastone e il ramoscello d’ulivo che ricorda il celebre scontro con Poseidone per il controllo dell’Attica. Che Atena-Minerva vinse donando agli uomini la pianta di olivo, ben più preziosa dell’acqua salmastra offerta del dio dei mari.
La dea è a figura intera e di tre quarti, uno splendido nudo scultoreo eppure naturale. Meno sensuale, tuttavia, rispetto all’opera analoga dipinta qualche anno prima e ora in collezione privata bolognese. Dove la divinità compare ricoperta da un sottile velo d’oro che tenta senza successo di nasconderne le carni.

La morte raggiunse Lavinia Fontana proprio a Roma. Non prima però di permetterle di dedicare la vita all’arte, di produrre all’incirca un centinaio di capolavori. E di imporsi come una delle prime grandi artiste della storia.

Silvia Roncucci

Foto in alto: Lavinia Fontana, Autoritratto alla spinetta
Tutte le foto da: wikipedia.org

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