La figlia unica di Guadalupe Nettel: quando la maternità non è facile

Guadalupe Nettel
Chi lo dice che esiste un modo solo per essere buone madri? E dove sta scritto che la donna si completi con la maternità? L’autrice ci racconta storie di donne che sono anche madri, ma soprattutto sono persone.

C’è una cosa che, più di tutte, avvicina le donne le une alle altre: la maternità, questo istinto innato e naturale che fa tendere istantaneamente le mani verso chi sta vivendo la tua stessa meravigliosa esperienza. Ma esiste anche qualcosa che, se possibile, unisce ancora di più: il desiderio di non diventare madri. Laura e Alina condividono questa scelta da quando avevano vent’anni e studiavano a Parigi. Una volta tornate a casa, in Messico, Laura continua a vivere serenamente la sua decisione, mentre Alina ha cambiato idea e confessa di volere un figlio da Aurelio, il suo compagno. Laura seguirà questo cambio di rotta dell’amica assistendo a tutto il percorso della gravidanza, fino a quando i due genitori vengono informati che il cervello della piccola Inés, purtroppo, non si è sviluppato come doveva e la bambina potrebbe sopravvivere solo poche ore, se non nascere già morta.

Alina e Aurelio sprofondano dalla felicità alla disperazione. Laura diventa supporto ancora più saldo per la sua amica e, nel frattempo, fa la conoscenza dei suoi rumorosi vicini di casa: Doris e suo figlio Nicolás. Doris è sull’orlo della depressione, vedova di un uomo violento si trova a dover gestire da sola un bambino di otto anni che ha continui e incontenibili eccessi d’ira. Laura diventerà un appoggio per entrambi, anche l’iniziale diffidenza di Doris cederà al pressante bisogno di aiuto.

Guadalupe Nettel, nel suo La figlia unica, edizioni La Nuova Frontiera, usa il punto di vista di Laura per narrarci le storie di tutti, e lo fa con un linguaggio semplice e diretto. Ci parla del dolore straziante di Alina, del sogno infranto, della crudeltà delle scelte che deve compiere. Ci mostra le difficoltà di Doris, il baratro in cui è caduta e le sue immense paure. Laura in tutto questo si trova nel mezzo, avvinghiata da due maternità diverse e complicate, e in un certo senso diventa madre anche lei, sostenendo Alina e legandosi subito a Inés, prendendosi cura di Nicolás e Doris; si preoccupa anche per la sua, di madre, con la quale non ha mai avuto un rapporto idilliaco.

L’autrice ci racconta vicende dolorose, fortissimi conflitti a cui far fonte, ma non suggerisce mai quale sarebbe il modo migliore per affrontarli, né con la sua voce né con quella di Laura. Non esiste un modo solo di essere madre, questo lo sa ogni donna, perché ogni donna lo è a modo proprio. Forse è questo il segreto che lega le donne nella maternità: l’essere consapevole che ognuna deve affrontare il viaggio da sola, perché è da sola che si troverà la sera, stanca, a tirare le fila della giornata appena trascorsa e chiedersi se è stata una buona madre. La risposta però è una soltanto, ovvero che non si può essere sempre madri perfette. E poi chi è che stabilisce quale sia questa perfezione? Guadalupe Nettel ha voluto parlare di sorellanza e del conflitto che vive ogni donna, perché non è che essere madre annienti l’essere individuo, persona, e far coincidere le due cose è quanto di più difficile ci sia al mondo. 

Serena Pisaneschi

Foto in alto: Guadalupe Nettel

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