Emozioni e violenza: una relazione su cui dobbiamo riflettere

emozioni
Un intervento educativo sulle emozioni si rende urgente: cerchiamo di capire come funzionano e quali strumenti abbiamo. 

Quando le cronache ci raccontano di episodi di violenza o di femminicidi spesso c’è chi suggerisce un intervento educativo, soprattutto sul versante delle emozioni. Oggi cercheremo di comprendere perché. Partiamo dal presupposto che lo sviluppo umano, cioè come cambia l’essere umano nel corso di tutta la vita, avviene in funzione delle sue componenti biologiche e genetiche ma anche per le influenze dell’ambiente che lo circonda. Lo sviluppo psicologico è determinato da tante componenti, fra le quali c’è anche lo sviluppo emotivo.

Le emozioni fanno parte della nostra vita e spesso tendiamo a darle per scontate, come l’aria che respiriamo o il colore dei nostri occhi o dei capelli. Cosa ci sarà mai di così importante da imparare sulle emozioni per molti resta un mistero, anche se magari non ci siamo mai soffermati a riflettere su cosa siano e a cosa servano. Esse regolano le nostre interazioni sociali, hanno una grande importanza per la qualità della nostra vita, per il nostro benessere fisico e psicologico e quindi meritano un pochino più di considerazione.

Se vogliamo dare una definizione alle emozioni possiamo dire che sono la nostra reazione a un evento o stimolo esterno, e sono nostre proprio perché sono qualcosa di soggettivo, cioè ognuno ha le proprie. Scommetto infatti che non siete mai riusciti a misurare se la vostra paura è più o meno grande di quella di un’altra persona: ognuno ha la sua paura. Questo succede per una ragione ben precisa: l’emozione viene per prima cosa percepita a livello cognitivo, viene cioè pensata e interpretata a livello cerebrale. Ognuno di noi lo fa a modo suo, e non mi dite che voi pensate come qualcun altro. Una volta che lo stimolo è stato elaborato dà poi origine a una stimolazione fisiologica, come quando mi vergogno e divento rossa come un peperone. In una terza fase l’emozione determina un comportamento. La prima fase dell’interpretazione cognitiva che ognuno elabora personalmente rende tutto il processo assolutamente soggettivo. Tutto questo avviene in modo molto rapido, spesso neanche ce ne rendiamo conto, ma possiamo allenarci a farlo.

In realtà alcune emozioni non richiedono questo intervento cognitivo. Un esempio sono la gioia e la tristezza. Si tratta di emozioni che proviamo fin dalle prime fasi di vita, vengono infatti chiamate emozioni primarie. Altre emozioni che compaiono solo intorno ai due anni, come l’orgoglio, la vergogna, la colpa o la gelosia possono invece essere pensate. “Possono” non è stato usato casualmente. Se non impariamo a pensarle, il nostro comportamento, quello della terza fase, sarà istintivo come quello degli animali. Un esempio può essere quello della pacca sul sedere data alla giornalista Greta Beccaglia. Se impariamo a pensare le nostre emozioni possiamo controllarle. Imparare ad autoregolarsi è quello che avviene durante lo sviluppo emotivo che, come dicevamo in principio, è influenzato dalla genetica, dalle nostre esperienze di vita e dall’ambiente in cui viviamo.

La famiglia ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo emotivo dei bambini. Essi imparano, non solo sulle emozioni, osservando e imitando i genitori. Le reazioni degli adulti di fronte alle espressioni emotive dei propri figli hanno grande importanza perché hanno il potere di incoraggiare o meno il loro modo di esprimere le emozioni. In famiglia è possibile creare una vera e propria palestra emozionale prendendo l’abitudine di parlare ognuno delle proprie emozioni, che è anche importante per stimolare un altro esercizio sempre utile che è l’autoriflessione.

La nostra riflessione interiore ci permette di capire cosa sentiamo per decidere poi cosa vogliamo. L’essere umano ha la libertà di poter scegliere, che è anche una grande responsabilità. Non possiamo certo pretendere di cambiare gli altri o le situazioni che ci circondano, ma possiamo decidere come rispondere: con rabbia, gentilezza, ironia, sincerità, dolcezza e in tanti altri modi. Dopodiché sarebbe interessante riflettere su come ci sentiamo. In questo modo si conclude un ciclo che non è istintivo, ma è diventato il frutto della nostra capacità di esseri umani pensanti.

Se da bambini non avete mai avuto l’opportunità di allenare le vostre emozioni siete sempre in tempo a farlo. Lo stesso se non avete mai fatto questo esercizio con i vostri figli. Gli interventi necessari per contrastare il fenomeno della violenza sulle donne di cui tanto abbiamo scritto riguardano molti ambiti. Lo stesso vale per altri fenomeni e comportamenti inadeguati che occupano le nostre cronache. Si tratta di situazioni complesse per le quali questo articolo non pretende certo di fornire spiegazioni esaustive. Qualcosa però possiamo iniziare a farlo, e prima cominciamo meglio è.

Paola Giannò

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