Un fenomeno terribile e pericoloso che va annientato per dare vita a un mondo più inclusivo fatto di rispetto e unicità.
Si è da poco concluso il Festival di Sanremo e, come ogni anno, si è portato dietro qualche polemica. Una tra le tante è stata l’infelice osservazione di un giornalista il quale, parlando di Emma, ha dichiarato: «Se hai una gamba importante eviti le calze a rete.» Un’osservazione del genere, oltre a essere irrispettosa, è chiaramente un esempio di body shaming. Il far vergognare le persone del proprio corpo è un atto vile che, specialmente sui social, imperversa senza posa. Che bisogno c’è di svilire una persona per il suo aspetto fisico? Ogni persona è perfetta com’è, ma la società ci obbliga a sentirci sbagliati se non s’incarnano i canoni estetici (e non solo) imposti da una sorta di Grande Fratello che tutto pretende e spesso impone. Questa visione malata del “giusto” è un fardello pesantissimo, qualcosa che ha il potere di distruggere chi non ce la fa a sopportarne il peso. Sappiamo fin troppo bene quali siano le conseguenze, soprattutto nei giovanissimi.
Vorrei fare anche un’altra considerazione, a proposito dell’uscita infelice del giornalista di cui sopra. In cinque interi giorni di artisti che si sono succeduti sul palco sanremese, cinque giorni di abiti, sontuosità, glamour e moda avanguardista, quel giornalista ha puntato il suo dito solo contro Emma, tra l’altro una delle più eleganti di tutta la kermesse. Allargando lo sguardo possiamo notare che quasi tutte le donne salite sul palco hanno esibito un’eleganza classica, ricercata, ma non sono mancati alcuni esempi di look moderno, anch’essi belli, che si confacevano perfettamente all’estro della cantante in gara. Allo stesso modo, però, abbiamo potuto osservare anche i look degli uomini, alcuni (in minoranza) tradizionali, altri decisamente più stravaganti. Non si può negare che tra i giovani ci siano stati abbigliamenti molto creativi, ma non si è sentito nessun giornalista fare body shaming con le trasparenze di Blanco, la rete di Irama, la gonna di Mahmood, i guanti di Rkomi, la canotta di Giovanni Truppi ecc. Non che si dovessero fare, lungi da noi accogliere o promuovere qualsiasi critica del genere, ma non si può non notare un uso diverso della bilancia. Perché per colpire una donna impeccabile in quanto a performance artistica è necessario offenderla dal lato estetico? Perché è necessario sminuirla così?
Giorni fa abbiamo parlato di questa pessima abitudine allo svilimento, di come si tenda sempre ad applicarla verso le donne. Al lavoro, nelle arti, nell’estetica… c’è sempre qualcuno che trova il modo di offendere e deprezzare il valore del traguardo raggiunto, del risultato ottenuto. La conformità a determinati canoni di bellezza è considerata essenziale, anche se poi essere bella spesso diventa sinonimo di scarso talento e stupidità. Allora mi viene da pensare che gli uomini vogliano le donne belle, sciocche e prive di talento, magari per effetto di una certa strisciante e (non troppo) latente misoginia. E invece no, le donne sono intelligenti e talentuose, oltre che belle, pensate un po’. Così intelligenti e talentuose che stanno cominciando a fregarsene delle etichette, che hanno imparato che essere se stesse è la misura perfetta per salire su quella bilancia. E si sono anche stufate di farsi scivolare addosso le cattiverie, in primo luogo perché abbassare lo sguardo è segno di resa come di servilismo, in seconda battuta perché sono i vili commentatori a essere in errore, non loro.
Il fronte estetico è quello su cui l’uomo che non accetta la donna come sua pari ribatte sempre perché sa che lì fa male, perché ritiene la donna solo un oggetto sessuale. Abbiamo già parlato anche di questo, di come certe mentalità appena più che primitive non riescano a scrollarsi di dosso questa terribile impostazione patriarcale. Non leggeremo mai una giornalista giudicare con cattiveria l’aspetto fisico “non canonico” di un uomo, perché lei sa che non è una cosa corretta, perché sa che ferisce. E non abbiamo mai nemmeno letto commenti del genere da parte degli uomini verso gli uomini, e questo perché? Perché viene riconosciuto il valore della persona al di là del deltoide definito, del six pack addominale e della chioma fluente. La mercificazione del corpo femminile è sempre stata una cosa indecente, al limite dell’animalesco, qualcosa che va combattuto con ogni mezzo.
A volte mi viene da pensare che sarebbe interessante tentare un esperimento, poiché alcune persone prive di empatia e rispetto imparano solo vivendo la stessa esperienza. Le donne dovrebbero scendere per strada e trattare coloro che le deridono con la stessa moneta, ovvero offendere malamente chiunque sia calvo, in sovrappeso, troppo magro, con la barba non curata, vestito male… vediamo se poi gli uomini capiscono quanto faccia male, quanto sia potenzialmente pericoloso per il benessere psicofisico. Ma le donne non lo faranno, questo lo so per certo. Perché sanno che non è distruggendo l’altro che si acquista valore, non è ferendo che si dimostra di essere migliori, anzi. E lo sanno anche i giovani che vengono derisi ogni giorno da qualche leone da tastiera. Ragazzi e ragazze che devono vivere un’epoca in cui l’apparenza conta molto di più della sostanza, adolescenti incastrati in social che puntano tutto sull’immagine. Ed è da loro che bisogna cominciare ad agire, da quelle giovani menti che potrebbero finalmente cambiare il modo di approcciarsi a se stessi e all’altro. La speranza è che queste nuove generazioni comincino a capire il valore dell’individuo e dell’unicità che porta con sé. Perché siamo tutti diversi, tanto dentro che fuori, ed è proprio qui che si racchiude tutta la bellezza e il valore di chiunque. Diamo ascolto a Drusilla Foer, altra grande personaggia dei social e di Sanremo:
«Tentiamo insieme l’atto rivoluzionario, il più grande atto rivoluzionario che si possa fare al giorno d’oggi, che è l’ascolto. L’ascolto di se stessi, l’ascolto degli altri, l’ascolto delle unicità. Promettetemi, vi prego, che ci proveremo. Ascoltiamoci, doniamoci agli altri, confrontiamoci gentilmente. Accogliamo il dubbio anche solo per essere certi che le nostre convinzioni non siano solo delle convenzioni. Facciamo scorrere i pensieri in libertà, senza pregiudizio, senza vergogna. Facciamo scorrere i sentimenti con libertà e liberiamoci dalla prigionia dell’immobilità.»
Serena Pisaneschi
Foto in alto: Foto di Fuu J da Unsplash
©RIPRODUZIONE RISERVATA