«Io creo qualcosa con un significato forte per me che voglio esprimere, attraverso l’opera, verso l’esterno.»
Visitare Firenze è sempre un gran piacere, la bellezza della città, della sua storia, delle sue meraviglie artistiche mi affascina sempre; se poi lo scopo della visita è scoprire un nuovo gioiello d’arte e oreficeria il piacere si moltiplica. Incontro Valentina Caprini nel suo Linfa Studio Gallery proprio il giorno dell’inaugurazione; sorridente e disponibile mi accoglie nel suo laboratorio.
Lei ha un Laurea Specialistica in Semiologia e ha frequentato un Corso Triennale alla Scuola di Gioielleria Contemporanea Alchimia. Come si legano in lei questi due aspetti della sua formazione?
«Il mio percorso di studi è indubbiamente variegato e forse caratterizzato a prima vista da una mancanza di linearità, e certamente questa era la mia sensazione durante il viaggio. In qualche modo però, sorprendentemente strade così diverse sono confluite una dentro l’altra attraverso un particolare anello di congiunzione: l’arte indossabile. Durante i miei studi universitari sono infatti rimasta affascinata dalla semiotica degli oggetti, che riesce a cogliere i diversi livelli di significato di una determinata forma materiale. Contemporaneamente, ero rimasta folgorata dalla scoperta della gioielleria contemporanea, ovvero una forma d’arte in cui i gioielli non sono mero ornamento e legati alla pura estetica, ma al contrario sono creati a partire da un contenuto e perciò pieni di senso, ancor più perché indossati sul corpo. La mia tesi di laurea è dunque confluita nell’investigazione semiotica dei significati degli oggetti d’arte indossabili, ovvero gioielli contemporanei, una delle poche espressioni artistiche che non deve essere semplicemente guardata ma esperienziata attraverso il contatto intimo con il corpo.»
E come si applica tutto questo al suo lavoro?
«Questo background conoscitivo mi porta a considerare dal punto di vista comunicativo ogni fase del processo creativo: dal creatore, al creato, alla creatura che lo indossa. Io creo qualcosa con un significato forte per me che voglio esprimere, attraverso l’opera, verso l’esterno. Ciò che è creato è pieno di significato, che può essere interpretato diversamente da ogni persona che lo osserva. Dato però che il creato è in particolare un oggetto indossabile, viene posto sul corpo, e quindi preso in carico a livello intimo dal ricevente, il quale non solo osserva ma ha esperienza diretta e propriamente fisica con il manufatto d’arte.»
Che cosa accade quindi al significato primario dell’oggetto quando non solo il pensiero, ma anche il corpo come forma e come bacino di sensazioni viene aggiunto a questo processo?
«Le risposte sono molteplici e ogni volta particolari, rispetto a un determinato pezzo di gioielleria contemporanea. Per me è quindi molto importante creare qualcosa che possa effettivamente essere indossato, e parimenti è importante capire come chi riceve sul proprio corpo un pezzo di arte indossabile possa a sua volta riempirlo del suo significato. E il processo non si arresta qui: di nuovo, il ricevente lo porta letteralmente nel mondo, per mostrarlo ad altri osservatori, che continueranno la connessione e l’apporto di nuovi significati. Trovo estremamente affascinante il forte potenziale comunicativo della forma materiale artistica, che può innescare la nascita di concetti e significati, senza dire una parola. Questi pensieri sono alla base della mia nuova collezione che si intitola Glowing!, in cui i pezzi sono ibridi tra vestiti e gioielli e ognuno è dedicato a una donna vivente che con le sue azioni sta creando qualcosa di importante, bello e ispirante per il mondo. Il lavoro, appena agli inizi, è cominciato con un pezzo dedicato a Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa dal 2012 al 2017, che ha attuato una forte politica di inclusione rispetto alla situazione di grave emergenza degli sbarchi nel Mediterraneo.»
Nel suo curriculum leggo che ha letteralmente girato il mondo sia per insegnamento e conferenze che per le sue mostre, l’arte orafa non ha confini. Cosa ama di più di queste condivisioni?
«Viaggiare insegnando un’arte orafa italiana antichissima, la filigrana, è stato per me un sogno diventato realtà. Ciò che amo di più di questo sogno è proprio l’incontro che avviene con persone di luoghi e culture totalmente diversi dai miei, con le quali ritrovo però un terreno comune che definirei al contempo umano e divino: la passione per l’arte, l’espressione del sé, l’entusiasmo della scoperta e la voglia di imparare il nuovo, per viaggiare nei mondi fantastici dell’arte. Insegnare è poi un atto che amo profondamente: il dare ciò che so e ciò che sento a un’altra persona non è semplicemente una comunicazione monodirezionale, anzi attiva tra di noi uno scambio continuo e reciproco, che alla fine mi porta a ricevere tantissimo. Incredibilmente, alla fine di un corso invece di sentire uno svuotamento, ho una sensazione di pienezza e abbondanza, e la voglia di relazionarsi ancor di più. Il viaggio mi ha anche portato a tenere mostre e conferenze sul mio lavoro artistico, ed è altrettanto incredibile e stimolante vedere come interlocutori di backgrounds completamente diversi reagiscono di fronte a un determinato pezzo: come “sentono” determinati colori o cosa vedono rispetto a particolari forme. Proprio prima della pandemia, mi trovavo a New York per tenere il mio Italian Contemporary Filigree Course alla Brooklyn Metal Works, e sono stata invitata a tenere una conferenza alla Jewelry Library a Manhattan che è confluita in un articolo sul New York Times. La possibilità di confronto e condivisione con altri artisti a livello internazionale che un’opportunità simile ti può dare è meravigliosa e letteralmente senza confini.»
Ci parli di Linfa Studio Gallery.
«Linfa Studio Gallery è un progetto nuovissimo che ho concretizzato appena due mesi fa. È un laboratorio di arte e oreficeria con uno spazio espositivo, dove si può acquistare un pezzo unico a cui è stato dedicato tempo e attenzione; è uno spazio dedicato all’insegnamento di tecniche orafe sia tradizionali che contemporanee; è un luogo di scambio in cui si ospitano mostre temporanee, eventi e workshop di varie arti. E Linfa Studio Gallery è un co-working al femminile: ho deciso di lavorare insieme ad altre orafe/artiste perché credo fortemente nel potere della condivisione e nell’unione delle nostre forze per la realizzazione dei nostri sogni. Ho scelto il nome “Linfa” perché la nostra arte è per noi come il succo vitale che scorre nelle piante: ci nutre. Non potremmo vivere senza. Il nome è inoltre un riferimento al giardino che fa parte del laboratorio, dove ci ispiriamo e coltiviamo le nostre idee e piante. Il laboratorio, collocato nel centro di Firenze nella zona storica di artigiani e antiquari tra Sant’Ambrogio e Santa Croce, è composto da uno spazio espositivo con i nostri gioielli fatti a mano con tecniche sia tradizionali che sperimentali, un’area per corsi e lezioni, la parte di laboratorio, e un giardino che verrà aperto al pubblico per eventi particolari dedicati a molteplici forme espressive. L’idea è di trasformare in queste occasioni questo spazio verde in una galleria a cielo aperto, un terreno fertile su cui far crescere un dialogo tra diverse arti e promuovere l’incontro tra artisti provenienti da tutto il mondo: situazione meravigliosa e possibile in una città internazionale come Firenze.»
Ci presenti le altre donne di questo co-working.
«Francesca Zanuccoli e il brand MIW Jewellery sono due proposte orafe eccezionali, che lavorano ognuna con sensibilità e tecniche completamente diverse. Il marchio MIW Jewellery è un piccolo ed esclusivo brand di gioielli contemporanei realizzati tra Italia e Cile. In MIW Jewellery l’ispirazione viene dalla natura; le forme si trasformano e prendono vita nel metallo prezioso. Tutti i gioielli sono in edizione limitata: ogni singolo pezzo è unico e fatto a mano, costruito attraverso un delicato processo di ricerca. Francesca Zanuccoli è un’artista eclettica, che si è formata all’Accademia di Belle Arti a Venezia in pittura, per passare poi alla grafica, alla fotografia, fino all’oreficeria studiata a Firenze. Così come le emozioni, i sentimenti e le parole influenzano e cambiano la forma del nostro vivere, così i suoi pezzi indossabili sono creati modificando la superficie del metallo con fratture o segni che possono testimoniare e raccontare questo processo.»
È stato davvero bello vederla alle prese con la tecnica delle filigrana, una tecnica antichissima nella quale ha deciso di specializzarsi. Come mai questa scelta?
«Sin dall’inizio, il mio linguaggio artistico è sempre stato legato ai fili, alle linee sottili e intricate, alla trasparenza. Mi sono sempre espressa in questo modo spontaneamente perché è un’estetica profondamente radicata in me fin da piccola. Sono infatti nata e cresciuta in mezzo alle macchine da cucire e ai gomitoli: la mia mamma e le mie nonne hanno sempre avuto una forte passione sartoriale, e ho voluto portare queste radici nel mio lavoro sia di orafa che di artista. Per creare i miei gioielli infatti fondo stoffe antiche in argento, intreccio fili di metallo prezioso per creare forme indossabili, e mi sono specializzata nella tecnica della filigrana perché è proprio l’arte orafa antichissima di lavorare fili spessi come un capello per creare gioielli che sembrano “tessuti”. Ne sono rimasta completamente affascinata, e così ho deciso di impararla direttamente nelle botteghe degli artigiani di Campo Ligure, un piccolo paese a nord di Genova, che è uno dei centri più importanti e attivi in Italia e in Europa per questo tipo di lavorazione. Tutte queste tecniche legate al filo le ho raccolte nel mio nuovo brand di gioielli Floema Jewelry: il nome “floema” nasce dal tessuto vascolare delle piante, che trasporta la linfa vitale dalle radici fino ai rami e fa sbocciare nuovi fiori e frutti. Nello stesso modo, prendo ispirazione dalla tradizione sartoriale femminile della mia famiglia e la porto nel mio mondo orafo per far nascere qualcosa di fresco e nuovo. La mia passione è cresciuta sempre di più tanto da decidere di amalgamare la mia formazione in gioielleria contemporanea con questa tecnica antichissima: ho elaborato così il mio originale Corso di Filigrana Italiana Contemporanea, che ho insegnato in tutto il mondo.»
Non solo gioielli, però.
«Esatto. Nel mio lavoro di artista ho tradotto questo forte sentire delle mie radici in pezzi creati con la macchina da cucire su una stoffa idrosolubile. Stratifico centinaia di metri di fili in strutture vuote e leggere su questa stoffa che si scioglie nell’acqua: una volta sciolta, rimangono solo le strutture e creo così una sorta di tessitura sperimentale che mi permette di esprimermi senza confini. Queste strutture a volte diventano molto grandi, ma sempre indossabili e riferite al corpo. Dalla ricerca e sperimentazione continua di anni ho sviluppato l’idea di creare degli ibridi tra vestiti e gioielli, per giocare sul confine tra il mondo tessile e il mondo orafo, e trovarne nuovi punti d’incontro. La prima collezione dedicata a questo concetto è Pink Roots, di cui alcuni pezzi sono stati selezionati per la mostra Women in Italian Design nel 2017 alla Triennale di Milano, una retrospettiva sul design italiano femminile per dare nuovo spazio e visibilità alle artiste italiane.»
Pazienza e calma sono sicuramente due doti essenziali per creare i vostri bellissimi gioielli, pezzi unici dell’arte orafa italiana. Mi chiedo, in questo mondo così veloce e consumista, c’è ancora chi si ferma ad apprezzare l’unicità dei gioielli?
«Sì, decisamente. Anzi, la mia esperienza mi ha trasmesso come le persone provino profonda attrazione e meraviglia nel guardare e ascoltare come i pezzi vengono creati, magari attraverso una tecnica sperimentale che racchiude quasi del magico. Sono stupiti quando apprendono quanto tempo è necessario a creare quel piccolo oggetto dalla finitura insolita, o dalla forma che possiede un significato. Ancor più questo accade quando le persone provano a creare con le loro stesse mani un gioiello: a Linfa Studio Gallery è possibile seguire corsi di oreficeria di varie tipologie e livelli, alcuni dei quali sono rivolti ad assoluti principianti. Quando i nuovi studenti martellano e saldano con il fuoco il metallo, e costruiscono passo per passo il loro oggetto indossabile, è meraviglioso assistere alla loro gioia e contemporaneamente alla nascita della consapevolezza di quanto tempo e abilità sono necessari per fare un semplice anello. Avverto la necessità sempre più diffusa di fermarsi per ascoltare, sentire, osservare: si parla di “slow food” e “slow fashion”, forse possiamo anche cominciare a parlare di “slow jewelry”! La magia del processo di trasformazione del metallo e in generale di qualsiasi tipo di materiale, per trasformarlo in forme indossabili, porta con sé molteplici aspetti che credo sia estremamente affascinante diffondere nel senso comune, per far uscire la gioielleria contemporanea dalla sua sfera di esclusività e portarla nel mondo.»
Nel prossimo futuro ci sono mostre o conferenze nelle quali sarà possibile incontrarla?
«Data la situazione globale ancora instabile, per il momento ho deciso di rimanere perlopiù a Firenze per concentrarmi sullo sviluppo delle idee e progetti legati a Linfa Studio Gallery. Sto già lavorando alle prime mostre che mi piacerebbe ospitare all’interno dello spazio, eventi da organizzare in giardino con l’arrivo della primavera, corsi e workshop di oreficeria. Sto continuando anche il mio lavoro di sperimentazione orafa con Floema Jewelry, lavorando a un nuovo pezzo della Glowing! Collection, e sviluppando il mio Corso di Filigrana Italiana Contemporanea in nuove direzioni. Tanti progetti per tanta passione!»
Per qualsiasi altra curiosità vi invitiamo a visitare i siti di Valentina Caprini: www.linfastudiogallery.com, www.valentinacaprini.com e www.floemajewelry.com. Se però siete di Firenze o ci passate per una gita o quant’altro vi suggerisco di andarla a trovare nel suo laboratorio dove, oltre ad apprezzare l’arte orafa, avrete il piacere d’incontrare Valentina e le sue colleghe e scoprire che la bellezza delle loro creazioni riflette perfettamente l’anima di chi le ha realizzate.
Serena Pisaneschi
Foto in alto: Valentina Caprini, foto di Lucy Clark