Il racconto pubblicato oggi è un brano tratto dal romanzo “Alla fine dell’asfalto” di Erna Corsi. Si ringrazia la Casa Editrice Il Ponte.
Nuovo appuntamento con Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.
Anna era seduta su una fredda poltroncina di pelle sintetica. Teneva la borsa sulle ginocchia e stringeva forte i manici colorati. Fissava il quadro appeso alla parete di fronte a lei. Spigoli vivi e lingue aguzze per un dolore indescrivibile. Pezzi d’uomo e di oggetti senza vita. Aperture come squarci, luci che producono solo ombre. Aveva visto quel quadro a Madrid anni prima e l’aveva lasciata sconvolta per l’efficacia del suo crudele messaggio. Scelta quantomeno bizzarra per uno studio medico. Si guardò intorno, ma la sala d’attesa era vuota. La innervosiva la musica, riprodotta a un volume talmente basso da risultare appena udibile e praticamente irriconoscibile. O forse avrebbe preferito poter incolpare davvero la musica.
Pensò alla dottoressa Saliani che la seguiva fin da quando era ragazzina e il suo corpo aveva deciso di compiere prematuramente il suo ingresso nell’età adulta. Aveva fatto con lei anche l’ultima vista di controllo, ma erano ormai passati almeno due anni. Quel giorno la dottoressa era di buonumore perché aveva appena ricevuto un bellissimo mazzo di rose per il suo compleanno.
«Sono splendide,» aveva detto Anna «sono i miei fiori preferiti. Giacomo sa che le adoro e me le regala sempre per festeggiare il nostro anniversario di matrimonio.»
Così dicendo Anna si era spogliata e si era accomodata sul lettino con il trespolo per la visita. La dottoressa infilò i guanti sempre chiacchierando, ma non appena si avvicinò e si sedette davanti a lei smise immediatamente di parlare. Non iniziò nemmeno a visitarla. Si tolse i guanti e uscì dallo studio per tornare un attimo dopo con uno specchio che posizionò in modo che Anna potesse vedersi tra le gambe.
«Guardati!» Le aveva detto. «Non posso nemmeno visitarti in queste condizioni. Non devi mai più permettere a nessuno di ridurti così!»
Per quanto si conoscessero da anni, si erano sempre date del Lei, e questo passaggio repentino al Tu colpì Anna ancor più di quanto vide nello specchio. Si sentì umiliata, perché si sentì colpevole anziché vittima, e questo le impedì di poter afferrare la mano che quella donna le stava tendendo per aiutarla. La visita proseguì per quanto fu possibile e finì in un silenzio imbarazzato. La dottoressa le chiese di tornare a breve per un controllo ma lei non lo fece mai.
Erna Corsi
Foto in alto: di Kellepics su Pixabay e Guernica di Picasso
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Racconto tratto da: Alla fine dell’asfalto, Casa Editrice Il Ponte