La ghiaia. Un racconto dedicato a Federica che aveva trentadue anni, un lavoro, dei figli e tanta voglia di vivere.
Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.
Accidenti che freddo che fa stasera, non ho nemmeno avuto il tempo di infilarmi il berretto.
«Avanti ragazzi, scendete dall’auto ed entrate in casa di corsa. Io prendo la spesa e arrivo. Andate direttamente a fare la doccia. No! Non voglio sentire lamentele, siete coperti di fango! Lavatevi bene anche dietro le orecchie. Tu: aiuta tuo fratello. Avanti… correre! Che vi gelate, altrimenti.»
Senza badare a me, si contendono il primo posto e lasciano che la porta si chiuda alle loro spalle. Sbuffando appoggio a terra le buste della spesa e riapro la porta girando il pomello rotondo. Abitando in una corte dove ci si conosce tutti, non chiudiamo mai a chiave.
In cucina fa caldo, mi sfilo velocemente il cappotto lasciandolo su una sedia e metto a bollire l’acqua per la cena. Nel frattempo, sistemo le verdure in frigorifero e la frutta sul tavolo, nella speranza che qualcuno si faccia tentare. Dal piano superiore arrivano i suoni ovattati dei soliti litigi tra fratelli. Il rumore di ruote sulla ghiaia mi mette di cattivo umore: non ho voglia di litigare con lui anche stasera. Ho comprato l’auto nuova con il mio denaro, ne avevo bisogno, e lui non ha il diritto di darmi il tormento per questo! Lo sento entrare e quando arriva nella stanza mi giro verso di lui, cercando di sorridere; in fondo prima o poi gli passerà.
In un attimo lui mi è addosso. Sento le sue mani alla gola e il suo respiro affannato. Cerco di indietreggiare ma trovo il mobile della cucina che mi blocca. Non riesco a respirare, annaspo alla ricerca di qualcosa per colpirlo ma è tutto troppo lontano, inizio a scalciare ma mi sento debole… Ad un tratto diventa tutto bianco.
Sento di nuovo il rumore della ghiaia, ma è differente da prima. Sono passi. I passi brevi e veloci di un bambino che corre. No, sono due bambine. Le vedo distintamente nel cortile della scuola. Riconosco il mio lungo grembiule bianco con il corpetto plissettato: quanto mi piaceva! Sento il profumo dei trucioli delle matite: per non alzarmi troppo spesso dal banco, a volte faccio la punta nelle tasche. Ora ci infilo la mano e con le dita li strofino fino renderli solamente briciole di legno e polvere di grafite che mi lascia i polpastrelli di un colore plumbeo e lucido. Con me c’è quella bambina dal nome strano, quella che in prima non parlava mai; corriamo a nasconderci dietro la siepe, con l’illusione che le suore non ci troveranno e potremo rimanere a giocare anche durante le lezioni. Ci infiliamo nello stretto vialetto di bosso che porta all’altare della Madonna, dove tutti insieme recitiamo il rosario ogni mattina di maggio. Ora però rimaniamo lì accucciate a confabulare e a ridere sottovoce. Stiamo attente a non far scricchiolare il ghiaino bianco e sottile ma alla fine suor Rita ci trova. Il suo vocione all’improvviso ci spaventa come sempre e, prima che le sue manone ci raggiungano, ci rifugiamo velocemente in classe dalla maestra che ci sta già cercando.
In un lampo ritorno al presente, la mancanza di ossigeno mi rende lenta nei movimenti. Cerco di allontanarlo da me senza ottenere nessun effetto. Il mio viso pulsa e i polmoni bruciano. Ho la bocca spalancata e la gola secca. Le mani afferrano inutilmente l’aria che non riesco a inghiottire.
Sento ancora scorrere l’acqua della doccia al piano di sopra e riesco solo a pensare che d’ora in poi i miei figli dovranno ricordarsi da soli di lavarsi bene anche dietro le orecchie.
Erna Corsi
Il racconto La ghiaia è pubblicato nel volume Caro maschio che mi uccidi di Fusibilia Libri (2019).
Dedicato a Federica, trentadue anni, impiegata, mamma. Strangolata dal convivente che poi le ha dato fuoco per simulare un incidente (2005).
Foto in alto: di Kellepics da Pixabay e di DS stories da Pexels