Il romanzo di Lisa Jewell è una spirale che si svela poco a poco, e il male prende forma tra i frammenti dei ricordi condivisi.
È il 1995 quando la polizia di Londra riceve una strana telefonata anonima, che segnala possibili problemi in un’abitazione di Cheyne Walk a Chelsea, uno dei quartieri più ricchi della città. Il sopralluogo è di routine, ma di certo non lo è quello che trovano nella casa. I cadaveri dei coniugi Lamb, proprietari dell’edificio, e quello di uno sconosciuto giacciono a terra in cucina. Le tuniche che indossano, unite ad altri elementi di prova, portano gli investigatori a ipotizzare un rituale sfociato in un suicidio collettivo. Al piano di sopra, una bimba di dieci mesi riposa tranquilla nella sua culla, accanto a una zampa di coniglio. Gli oggetti presenti nella casa indicano la convivenza di molte più persone, ma di loro non vi è traccia. La bambina viene affidata ai servizi sociali e la casa viene sbarrata in attesa che l’unica erede compia venticinque anni, come indicato nel testamento dei Lamb.
Ed è qui che inizia davvero la storia narrata da Lisa Jewell. La famiglia del piano di sopra (Neri Pozza, 2021) è un giallo con sfumature color thriller davvero ben costruito. Libby, la bimba sopravvissuta divenuta ormai donna e proprietaria della casa, inizia un percorso di ricerca per conoscere la sua storia. Il caso, ormai ritenuto “freddo” e abbandonato da anni da Scotland Yard, diviene per lei un percorso personale denso di rivelazioni.
«Per prima arrivò Birdie. Birdie Dunlop-Evers. […] Mi parve fuori posto in casa nostra, frequentata esclusivamente da gente con abiti sartoriali che profumava di dopobarba Christian Dior o L’Air du Temps.» Lisa Jewell
Uno alla volta i tasselli trovano il loro posto per completare un quadro sorprendente. Un libro incalzante ricco di personaggi complessi che sottolineano quanto la natura umana possa essere imprevedibile e sconcertante.
Erna Corsi
Foto in alto: David Mark da Pixabay
Immagine della copertina da IBS
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