Nessuno è come qualcun altro: storie americane di Amy Hempel

Amy Hempel
L’autrice taglia e poi apre la nostra zona di comfort per mostrarci il quotidiano bello e tremendo al tempo stesso, e lo fa con fine umorismo ma anche con solitudine e rimpianto per cose non accadute o interrotte. 

«Quando il pericolo si avvicina, cantagli una canzone»: si apre con un proverbio, un proverbio arabo, Nessuno è come qualcun altro (Sem 2019), l’ultimo libro di Amy Hempel, una delle voci più originali della narrativa odierna e maestra del racconto americano. Quindici racconti brevi, alcuni brevissimi: istantanee di un’America fatta di personaggi che sembrano “scorticare” a colpi di sottile ironia le loro debolezze, per trovare la forza di affrontare le loro paure e i loro desideri, in cerca di assoluzione. Gli si vuol bene, ai personaggi della Hempel, perché sono così ben descritti che li sentiamo vicini, e ne possiamo immaginare la vita e sentire ciò che loro sentono.  

Attraverso incipit azzeccatissimi l’autrice taglia e poi apre la nostra zona di comfort per mostrarci il quotidiano bello e tremendo al tempo stesso, farcito com’è di ricordi, di odori, di natura, di animali, di desideri, e lo fa con fine umorismo ma anche con solitudine e rimpianto per cose non accadute o interrotte. Il suo è uno scrivere arguto e sensibile, che si snoda a colpi di metafore e frasi costruite alla perfezione. Passa dal particolare al generico con abilità e ci avvicina in poche parole agli argomenti più disparati, dal cambiamento climatico alla musica pop, passando per l’abbandono. Nessuno è come qualcun altro è un libro che impegna, che richiede attenzione: lo stile è talmente originale e compresso che ci si deve letteralmente entrare dentro, senza poter trascurare nulla.  

Il genio-bonsai della Hempel, forse ancora più compatto che in Ragioni per vivere, eccetto che per Cloudland, il racconto più lungo che occupa la metà del libro, è qui espresso al suo meglio, con mini-racconti che contengono già nel titolo uno dei pezzi chiave della loro narrazione. 
In queste pagine si incontrano anziani, uomini narcisi, donne sole e con figli lasciati andare, famiglie delicate come cristallo e crepate dalla violenza, storie di matrimoni e di amanti nemmeno tanto nascosti: «Li adori perché hanno il cento per cento di ciò che tu hai solo al sessantacinque per cento, ma vedi che la maggior parte delle persone ne ha anche meno, ed è per questo che la maggior parte delle persone non ti interessa granché. Se il cento per cento da cui sei affascinata sacrificherà una parte della sua dotazione e tu potrai aggiungerne un po’ alla tua, arriverete entrambi a un formidabile novanta per cento… […] Ma quello con il cento per cento non vuole fare concessioni e ben presto l’apprendista entusiasta si arrende, perseguitata dalle immagini di ciò che poteva essere se l’altro fosse stato flessibile. Cosa che non può essere, perché è inflessibile e non è costretto a essere flessibile, perché sente di avere già tutto e non soffre di solitudine come ne soffriamo noi, e allora perché dovrebbe scambiare l’autosufficienza con un po’ di compagnia.» (Quattro chiamate nell’ultima mezz’ora, pag. 63).

«Ho sentito battute su cose che sembravano intoccabili, al riparo da ogni battuta: l’Olocausto, l’Aids, l’attacco alle Torri Gemelle. Ormai non dovrei aver sentito anche una battuta su ciò che ho fatto? Non voglio dire che equivalga a quegli orrori. Solo che la battuta, se ci fosse una battuta da fare, sarebbe su di me. Sarebbe a mie spese. E a ragione.» (Cloudland, pag. 99). Amy Hempel è originaria di Chicago e si è trasferita a New York sin dagli anni ’70 per lavorare nell’editoria. Qui è diventata allieva di Gordon Lish, il famoso editor di Carver e di altri grandi nomi del racconto. Del suo lavoro come giornalista racconta che è stata la base per imparare a scrivere frasi che invogliano a leggere quella seguente e che l’ha allenata a eliminare tutto ciò che non è essenziale. 

Elena Marrassini 

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