Famiglia allargata: quando i figli della tua compagna diventano anche i tuoi

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Finché il tuo ruolo rimane quello del fidanzato della mamma non sorgono grandi problemi, ma con la convivenza tutto cambia.

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Parlare di figli e genitorialità in un periodo in cui la famiglia viene declinata in mille composizioni e sfaccettature non è cosa semplice. Io proverò a raccontarvi la mia esperienza, per quanto particolare e parziale essa sia.

Non ho figli miei. Quelli con cui mi sono trovato a relazionarmi sono della mia compagna. I figli me li sono trovati lì, già belli e scodellati e con qualche anno sulle spalle. Età diverse, esigenze, problemi e personalità molto differenti.

Finché il tuo ruolo rimane quello del fidanzato della mamma, non sorgono grandi problemi e le necessità sono molto limitate. Tutto cambia quando si decide di iniziare una convivenza. Storie diverse che si incontrano e cominciano a coesistere sotto lo stesso tetto. È in quel momento che i figli della tua compagna diventano pure i tuoi.

Non ci sono tutorial che ti possano insegnare a diventare genitore. L’unico modo che io ho trovato è stato quello di immergermi nella vita comune, cercando di muovermi con estrema cautela e attenzione. Vigile, in ascolto e, possibilmente, accogliente.

Loro non ti conoscono affatto, ti hanno visto qualche volta ma niente di più. Io mi sono messo di lato cercando di supportare, rendermi utile nei problemi pratici. Poi ho provato a suggerire. Però sempre di lato, un passo indietro. Il ruolo di genitore te lo devi conquistare con calma, senza fretta, senza scorciatoie.

E allora accompagni i ragazzi a scuola, li vai a riprendere, li accompagni alle attività sportive, li riporti a casa. Insomma cerchi di diventare una figura di riferimento, sempre presente, utile e, infine, indispensabile.

Non è stato proprio facile, per me, accettare di condividere la mia compagna con altri, fossero pure i suoi figli, ma credo che anche per loro non sia stata per nulla semplice la condivisione con me. La differenza tra noi stava nella libertà di scelta: io l’avevo esercitata, loro l’avevano subita. Il buon risultato non era per nulla scontato.

Maschile e femminile sono mondi diversissimi che si incontrano e scontrano in continuazione. Per facilità di comprensione, pur in una situazione complicata, ho preferito dialogare maggiormente col maschile. Conosco il terreno, mi ci muovo con maggior dimestichezza. Il femminile è molto più sfumato, articolato, complesso, forse più ricco, ma certamente, per me, più difficile da affrontare e gestire.

Esserci per le necessità pratiche e supportare la madre nei momenti di discussione o scontro. Negli anni mi sono applicato e perfezionato in questo ruolo, lasciando che i discorsi o le impostazioni di fondo, dopo averli discussi in coppia, venissero affrontati e riportati dalla madre, unica vera linea di continuità tra passato e presente.

Nonostante le attenzioni, non tutto fila liscio. I momenti di scontro sono sempre dietro l’angolo e quindi anche il lavoro di ricomposizione assume un ruolo importante nella gestione del rapporto con i figli.

Lo scontro può nascere dalla richiesta di un cellulare, di un nuovo computer, di vestiti, di partecipare a una festa in discoteca con i compagni di scuola o ancora la non partecipazione nella gestione delle normali incombenze di una casa e di una famiglia, come preparare o sparecchiare la tavola. Aggiungiamo pure il tenere in ordine e pulita la casa e la propria stanza, in modo da completare le motivazioni di scontro più comuni in ogni famiglia con figli, specie in età adolescenziale. Quella più difficile e pericolosa.

Non sempre ci si trova all’altezza di gestire le situazioni più delicate. Negli anni ho capito che serve a poco alzare la voce anche se in momenti di stanchezza questo può accadere. In questi casi ho imparato come sia importante il chiedere scusa nel momento in cui ti accorgi, o qualcun altro ti fa notare, che sei andato oltre la semplice e banale arrabbiatura. Sì, io credo che anche noi adulti dobbiamo imparare a chiedere scusa e a riconoscere le nostre manchevolezze.

Certo, i figli non ti faranno sconti, anzi, talvolta affonderanno il coltello nelle tue difficoltà e contraddizioni. Ma noi siamo o dovremmo essere “gli adulti”, quelli che ragionano e comprendono meglio anche grazie alla propria esperienza.

Essere genitori è un’arte difficile che si perfeziona col tempo e si modifica di momento in momento. Non esiste un diploma o un patentino di genitore. Essere genitore è un arte in continua evoluzione che si conquista sul campo, una realtà elastica in grado di adattarsi a seconda delle nuove e mutate esigenze e necessità dei figli che crescono. Riuscire a cambiare, a modificare il proprio modo di essere e interagire sono fattori fondamentali per proseguire efficacemente nel proprio ruolo.

Agostino Mondin

In alto: foto di Ana Krach da Pixabay

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