Gioconda Belli: «Non c’è niente di più potente al mondo di una donna. Ecco perché ci perseguitano. Avanti!»
Gioconda Belli, l’autrice della poesia che abbiamo pubblicato nella nostra rubrica domenicale il 5 febbraio (puoi trovarla QUI), è una scrittrice che amo molto e che, secondo me, è a pieno titolo una donna oltre il consueto. Nata nel 1948 a Managua, in Nicaragua, da una famiglia di origine italiana, terminò i suoi studi in Spagna e in America diplomandosi in giornalismo.
Nella biografia dell’Enciclopedia delle donne si legge: «L’anno dopo, appena compiuti i diciotto anni, si sposa con una cerimonia fastosa, un avvenimento per la buona società della città. Nasce la prima figlia, Maryam, e la sua vita è quella di una disincantata signora borghese, che non vede alternative alla dittatura che insanguina il paese. La lettura dei libri femministi di Germaine Greer, Betty Friedan, Simone de Beauvoir alimenta nuove idee, finché nel 1970, grazie a un collega di lavoro (il Poeta), che le apre nuovi orizzonti culturali e di cui diviene l’amante, incominciano i contatti con un militante sandinista e l’impegno politico. Gioconda inizia una doppia vita: in apparenza è ancora una perfetta signora borghese, ma, in realtà, è un’adultera e una fiancheggiatrice del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale… Nasce un’altra figlia, Melissa; Gioconda si separa dal marito, si innamora di un dirigente sandinista, Marcos (Eduardo Contreras Escobar) e si impegna sempre più attivamente nel Fronte Sandinista.» Per questa scelta il dittatore Somoza la costrinse all’esilio. Si recò in Costa Rica, ma continuò a sostenere la guerriglia raccogliendo fondi e organizzando, a distanza, la rete dei rifugiati.
La donna abitata, il libro grazie al quale ho conosciuto Gioconda Belli, è il romanzo della rivoluzione sandinista e ha un risvolto autobiografico. Come spesso mi capita, fui colpita prima dalla copertina e solo successivamente dal titolo: su uno sfondo azzurro intenso spiccava il disegno di un uomo e una donna abbracciati, l’uomo vestito di verde e la donna con una camicia giallo zafferano e pantaloni color cannella. Era il 1995 e lo pubblicava e/o, una piccola casa editrice che spesso cercavo in libreria perché aveva una connotazione politica che suscitava in me interesse e curiosità. Non conoscevo l’autrice, ma la letteratura femminile sudamericana mi ha sempre affascinata: Allende, Mastretta, Esquivel, Serrano… ho letto praticamente tutto di queste scrittrici. Non ci pensai neanche un secondo e lo acquistai.
La lettura mi rapì sin dalle prime righe: un romanzo appassionante, coinvolgente, che mi emozionava pagina dopo pagina. Il romanzo narra la storia a due voci di Itzà, un’antica guerriera india che ha combattuto contro gli spagnoli, e Lavinia, figlia di una famiglia borghese che dopo essersi laureata in Europa torna nel suo Paese. È un libro d’amore pieno di passione: l’amore per un uomo, ma soprattutto quello per la propria terra. È un canto alla lotta per la libertà, per la giustizia, per i diritti, per l’emancipazione femminile. Ogni parola mi entrava dentro profondamente e sentivo che tutto mi portava a immedesimarmi con Lavinia.
I temi che tocca in La donna abitata, e che sono ancora molto attuali, purtroppo, sono il filo conduttore della narrativa dell’autrice. Gioconda Belli, infatti, continua a essere un’ importante riferimento per le sue parole e i suoi testi femministi, contro il patriarcato, contro la tirannia della razza, del genere, del consumismo. E molto spesso ci rammenta che scegliere da che parte stare è una responsabilità a cui non dobbiamo e non possiamo sottrarci. Mi piace concludere questo scritto riportando la dichiarazione con cui ha aperto Dedica Festival, la manifestazione letteraria che si tiene ogni anno a Pordenone nel mese di marzo, di cui è stata protagonista nel 2019: «Non c’è niente di più potente al mondo di una donna. Ecco perché ci perseguitano. Avanti!».
Serena Betti
In alto: Gioconda Belli
© RIPRODUZIONE RISERVATA