Catcalling: perché un complimento si è trasformato in molestia sessuale

Catcalling
L’abitudine (discutibile) di esprimere apprezzamenti alle donne nasce da una mentalità machista, è ora che gli uomini lo capiscano.

Da sempre, gli uomini si sono sentiti liberi di esprimere apprezzamenti sulle donne legati all’aspetto fisico. Se in tempi meno recenti questi apprezzamenti avevano un ché di piacevole, quasi di galante, con l’evolversi del pensiero sono diventati volgari e fuori luogo, tanto da connotarsi come una vera e propria molestia sessuale. Il “catcalling”, termine ormai ampiamente diffuso, altro non è che quell’insieme di frasi a sfondo sessuale, maschilista e prevaricatore che viene rivolto alle donne con una leggerezza che ha qualcosa di spaventoso.

Recentemente mi è stata espressa una lamentela che diceva più o meno cosi: «Non si può più dire niente, nemmeno un complimento, un fischio.» Io, basita, ho risposto: «Coi fischi si chiamano le bestie.» Questo breve e infruttuoso confronto mi ha fatto tornare alla mente un passaggio del romanzo di Erica Jong, Paura di Volare. Isadora, la protagonista, ripercorre il suo passato trovandosi intrappolata nel contrasto tra quello che sente e quello che ci si aspetta debba sentire, in quanto donna. Ecco l’estratto:

«Più tardi, in Italia, quando gli uomini mi seguivano fra le rovine o mi perseguitavano con la macchina mentre camminavo lungo la strada (aprendo la portiera e sussurrando vieni, vieni), mi chiedevo sempre perché mai mi sentissi così insozzata, insultata e furiosa. Avrei dovuto sentirmi lusingata. Quegli approcci dimostravano che gli uomini si accorgevano della mia femminilità. Mia madre aveva sempre detto che in Italia si sentiva donna, e allora perché io mi sentivo un animale da preda? Doveva esserci qualcosa che non funzionava in me, pensavo. Di solito sorridevo e buttavo i capelli all’indietro per dimostrare la mia gratitudine. E poi mi sentivo falsa. Come mai non ero per niente grata a quegli uomini che mi consideravano un animale da preda?»

È esattamente questa la percezione che scatenano nelle donne tutti quegli apprezzamenti non richiesti, anche quelli meno volgari: essere solo animali da preda. Gli uomini non se ne rendono conto, non ci pensano nemmeno, ma di fatto è così: considerano le donne solo come un oggetto sessuale. Sì, perché ogni “complimento” è sempre e unicamente di matrice sessuale, sfido chiunque a dire il contrario. E la cosa peggiore è che si pensa che debbano anche fare piacere, questi complimenti. Che dobbiamo accettarli senza remore perché ce li fa un uomo e quindi, per forza di cose, dobbiamo sentirci lusingate. Notizia shock: non ci piacciono. Non ci fanno sentire più femminili, più belle, più desiderabili, ci fanno sentire oggetti, pezzi di carne.

Molto spesso mi chiedo come reagirebbero gli uomini se fossero loro a ricevere gli stessi apprezzamenti, ma non fatti da una donna, bensì da un altro uomo, da qualcuno che non si dovrebbe permettere. Non credo apprezzerebbero, anzi sono quasi certa che scatterebbe la rissa. E sono stanca di sentire che siamo esagerate, che non c’è niente di male, che vuoi che sia… È. È tante cose. È mancanza di rispetto, è espressione di machismo malato, è esibizione di superiorità di genere. Anche il semplice «ciao, bella»? Sì, anche quello. Ma non nelle parole in sé, quanto in quello che racchiudono. Dentro quelle parole c’è la libertà che ha l’uomo di oggettificare la donna. Di rendersi legittimo nei gesti e intenzioni. Non è legittimo gridare oscenità per strada, fare branco, a volte anche spaventare le donne. È sbagliato su tutta la linea, dal fischio in poi. I complimenti sono altri, anche fatti a livello fisico, perché no, ma in sede privata, intima, consenziente.

Il catcalling è un sopruso e un abuso. So già per certo che gli uomini storcono il naso di fronte a tanta “esagerazione” e non me ne meraviglio, è come togliere loro un divertimento, un giocattolo che hanno sempre usato senza riguardi. Ma questo dissenso è figlio dell’ignoranza, del non sapere come si sta dall’altra parte della barricata, della mancanza di empatia. Quello che mi sorprende di più è che alcune donne, come la madre di Isadora, accolgano il catcalling come un apprezzamento. Non c’è dubbio lo sia, ma a essere sbagliata è la matrice. L’intento è sempre e comunque sessuale, prevaricante, di possesso.

La frase sconcia o meno, la pacca sul sedere, sottolineano solo un pensiero di mera mercificazione, nient’altro. È questo che va cambiato. Non c’è niente di male a trovare un uomo o una donna attraente, a provare desiderio sessuale, è natura, è chimica. L’errore sta nel fatto di potersi permettere di trattare le donne come oggetto sessuale con tanta libertà. E fintanto che gli uomini non capiranno che è la partenza, la base a essere offensiva, temo sarà difficile comprendano di essere nel torto. Ma sono nel torto, su questo non c’è dubbio, ed è ora che comincino a rivalutare i propri atteggiamenti per portare alla donna quel rispetto con cui gli piace tanto riempirsi la bocca ma che difficilmente mettono in pratica.

Serena Pisaneschi

Foto in alto: una scena del film Malèna di di Giuseppe Tornatore

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1 commento su “Catcalling: perché un complimento si è trasformato in molestia sessuale”

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