«Siete i nuovi cittadini. Perché nuovi? Siamo i prossimi.» Impressa nel libro, questa frase racchiude una realtà da comprendere.
Ci sono libri che raccontano storie e libri che, invece, raccontano vite: Tutta intera di Espérance Hakuzwimana, (Giulio Einaudi editore) racconta vite. Ormai sapete che sono un’appassionata di audiolibri e, qualche giorno fa, grazie a Storytel, ho concluso l’ascolto di uno dei libri più attuali e spiazzanti che abbia incontrato di recente. Questo romanzo d’esordio della giovane e talentuosa Espérance Hakuzwimana ha avuto il potere di mettermi di fronte a una realtà che esiste ed è anche prepotente, ma che non si vuol mai vedere. Anzi, si vede, ma sempre dal punto di vista sbagliato. Hakuzwimana, invece, ci porta all’interno di questa realtà e, fidatevi, quando avrete finito la lettura o l’ascolto di Tutta intera non potrete restare indifferenti.
Tra le pagine del libro impariamo a conoscere Sara, una ragazza di ventitré anni che, un po’ delusa dopo l’abbandono degli studi, si trova a tenere un corso in una scuola della periferia. È stato il parroco della sua città a trovarle questo impiego perché ha pensato che fosse adatta, forse anche per aiutarla in un percorso che non ha mai compiuto davvero. Sara così si trova a fare da insegnante a un gruppo di ragazzə che hanno una cosa in comune con lei: sono tutti figli di immigrati. Sì, perché Sara è stata adottata quando aveva pochi mesi e la sua pelle nera, così difforme dall’ambiente in cui è cresciuta, trova invece familiarità con gli abitanti di Basilici, zona povera nella quale vivono gli extracomunitari. Il suo provenire dall’altra sponda del Sele – quella giusta – rende gli alunni molto diffidenti. Sara fa molta fatica a entrare in contatto con loro, ad allacciare quel legame che le permetterebbe confidenza e supporto. Gli incontri e gli scontri con loro la porteranno a rivivere parte del suo passato. Momenti in cui essere “diversa” le è pesato, in cui non avere una vera identità e non conoscere le proprie origini le ha lasciato domande e tanta confusione.
Ma perché all’inizio vi ho detto che Tutta intera racconta vite? Perché porta l’attenzione di chi legge, o ascolta, proprio su quelle vite che vengono sempre male interpretate. Esattamente come i ragazzi e le ragazze a cui Sara deve insegnare meglio l’italiano, ma che in realtà conoscono tre lingue e che le circostanze hanno reso molto più grandi della loro età anagrafica. Hakuzwimana ci accompagna nelle loro case, nelle loro storie. Di più: mette nero su bianco i pensieri e le accuse che muovono verso quel mondo che non li accetta. E sapete perché spiazza? Perché quelle accuse, la maggior parte delle volte, sono vere.
Tutta intera ha il pregio di farci calzare scarpe che ci rifiutiamo di calzare, di prendere in considerazione verità che non conosciamo e non ci scomodiamo a voler conoscere. Non ho dubbi che la lettura di questo libro abbia il potere di far aprire gli occhi e il cuore, magari insegnando accoglienza e fratellanza. Di spingere la considerazione che abbiamo degli altri un po’ più in là dei luoghi comuni e delle banali dicerie. In questo libro gli “altri” sono gli immigrati, quelli che parlano un’altra lingua, che hanno la pelle un po’ più scura, capelli diversi, che sono oggetto di razzismo e discriminazione più o meno velati. A pochi giorni dalla tragedia di Cutro non posso fare a meno di pensare che molto spesso chi scappa da un inferno, se riesce a sopravvivere, ne dovrà affrontare comunque un altro. L’unico modo che abbiamo per aiutarlə è innescare l’empatia e capire che davanti abbiamo persone, vite e non solo colori, idiomi o tratti somatici.
Serena Pisaneschi
Foto in alto: Espérance Hakuzwimana
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