Intensità e coraggio in questo film che racconta il dolore della maternità strappata via e il cammino senza posa per raggiungere un miracolo.
Dal quarto numero de L’Altro Femminile, donne oltre il consueto, scarica il PDF della rivista o sfogliala online.
Nel 2021 la giovane e talentuosa regista italiana Laura Samani presenta alla Semaine de la critique a Cannes la sua opera prima Piccolo corpo. Ambientato agli inizi del secolo scorso, la storia racconta di Agata, una ragazza che vive in una piccola isola del nord-est e che metterà al mondo una figlia già morta. Martoriata dall’idea che l’anima della bambina vaghi per l’eternità nel limbo, non essendo stata battezzata, cerca di convincere il parroco del villaggio in cui vive, ma lui le nega il sacramento: «Non si possono battezzare i bambini nati morti. È la regola.»
Agata non si dà pace, nonostante le altre donne la consolino e il marito le ripeta che avranno altri figli. «Il tuo corpo se ne dimenticherà, e il tuo cuore anche» le dicono. Ma c’è una leggenda, forse una possibilità, che spinge Agata a partire per le montagne in cerca di un santuario in cui viene ridata la vita ai bambini nati morti solo per un respiro, sufficiente a battezzarli. Così s’incammina da sola, con sulle spalle una cassa con il corpo della figlia e un’unica grande speranza: salvare la sua anima. Durante il suo viaggio incontrerà Lince, un giovane vagabondo e misterioso che, dopo una serie di eventi, accetterà di accompagnarla.
La scatola di Agata e il suo dolore
La ricchezza di Piccolo corpo, recitato interamente in dialetto veneto e friulano, sta tutta sia nella semplicità della trama che nella profondità del messaggio. Il dolore di Agata, interpretata dalla bravissima Celeste Cescutti, si può percepire nella cura con cui protegge la sua scatola. Lotta disperatamente, affronta fame, freddo, dolore solo per raggiungere quell’unico scopo. Parte senza sapere dove andare, porta con sé la figlia quasi come la continuazione della gravidanza. La sua è una missione, un dovere. Non è riuscita a mettere al mondo una figlia viva, deve almeno poterle dare la salvezza della vita eterna. Lince, interpretato dall’altrettanto talentuosa Ondina Quadri, invece è un personaggio ambiguo e misterioso, molto attuale. Nonostante cerchi di negarlo fortemente, svilupperà una certa empatia con quella ragazza del mare in cerca di un miracolo.
La maternità mancata, sottratta con violenza dalle circostanze della vita
Il film aumenta d’intensità via via che si prosegue nella visione. La forza di Agata è la forza delle donne che non si arrendono. Celeste Cescutti impersona in modo magistrale tenacia e risolutezza, ma anche dolore e fatica. Ondina Quadri magnetizza con gli occhi, ma tiene incollati con tutto un insieme di sfumature che dà al suo Lince. Il tema del film è la maternità mancata, sottratta con violenza dalle circostanze della vita. Ma Agata è madre nonostante la vita e al di là di essa. È madre quando riceve le benedizioni delle altre donne, quando partorisce, quando canta la ninna nanna alla figlia che giace inerme sulle sue spalle, quando la protegge. È madre quando attraversa i pericoli, i boschi, il buio, il freddo e la neve, quando si fida pur di raggiungere la sua meta.
Serena Pisaneschi
Foto in alto: una scena da Piccolo corpo di Laura Salani
© RIPRODUZIONE RISERVATA