Tre professioniste rendono il nome ai martiri ignoti delle Fosse Ardeatine

Il corpo e il nome - Gli ignoti delle fosse Ardeatine
Pazienza e dedizione di alcune donne oltre il consueto per restituire dignità a chi era stato dimenticato e per colmare il vuoto dei loro familiari.

Nelle scorse settimane l’eccidio delle Fosse Ardeatine è tornato alla ribalta delle cronache. Non occorre rimarcare ulteriormente sul come abbiano parlato le più alte cariche del nostro Stato, già moltə si sono giustamente espressə al riguardo. Gli echi della questione erano ancora freschi quando, cercando qualcosa di interessante da guardare in televisione, mi sono imbattuta in uno dei documentari proposti e sempre disponibili di RaiPlay: Il corpo e il nome. Gli ignoti delle Fosse Ardeatine nato da un’idea della ricercatrice Michela Micocci, per la regia di Daniele Cini.

La mia iniziale curiosità si è trasformata in incredulità alla visione delle prime immagini che mostravano la mia Firenze ascoltando le parole del narratore che faceva riferimento a storie dolorose che talvolta tornano a galla. La donna del dipartimento di biologia dell’università di Firenze che pochi secondi dopo indossava soprascarpe e mascherina era un’ulteriore sollecitazione per la mia curiosità. Che collegamento poteva mai avere questo inizio con una delle più orrende storie delle stragi naziste del nostro Paese? Ovviamente il collegamento c’era.

Elena Pirli insegna antropologia molecolare al dipartimento di biologia dell’Università di Firenze ed è con lei che nel 2010 inizia l’opera di riconoscimento delle dodici vittime dell’eccidio che ancora, a distanza di quasi settanta anni, erano rimaste ignote. Michela Micocci è l’altra protagonista di questa storia, una ricercatrice e documentatrice attenta e sensibile la cui caparbietà sarà indispensabile. Dopo la lettura de L’ordine è già stato eseguito di Alessandro Portelli la sua attenzione era rimasta colpita dalle vittime ignote di quell’eccidio e dai loro familiari. Ed è stato proprio grazie a Michela Micocci che l’opera di identificazione è ripresa nel 2019.

Il lavoro di ricerca di Michela Micocci è partito dal Museo storico della Liberazione che contiene un archivio dedicato ai martiri delle Fosse Ardeatine dove si è messa in contatto con Alessia Glielmi, responsabile degli archivi del CNR e del Museo della Liberazione. Grazie alla loro preziosa collaborazione sarà possibile rintracciare i familiari ancora viventi della prima delle dodici vittime ignote. Grazie poi al contributo della dottoressa Elena Pirli è stato possibile confermare, attraverso l’esame del DNA, la corrispondenza genetica fra i due nipoti e il primo dei dodici martiri al quale era possibile finalmente attribuire un nome.

In poco più di cinquanta minuti scopriamo come le professioniste si sono conosciute e le seguiamo nei rispettivi ambiti professionali. Grazie alla loro dedizione è stato possibile per i familiari delle vittime colmare quel vuoto di memoria che silenziosamente custodivano. La narrazione è alternata dalle vicende storiche e di come nel 1944, dopo la liberazione di Roma dai nazisti, venne istituita la commissione delle cave ardeatine. Sotto la direzione del dottor Attilio Ascarelli, famoso anatomopatologo, furono recuperate e identificate le trecentotrentacinque salme e i loro manufatti personali ad eccezione di dodici corpi che rimasero senza nome. Alcune immagini sono tremende e strazianti nonostante la distanza imposta dallo schermo televisivo, è difficile immaginare cosa possa aver rappresentato assolvere a tale ingrato ma doveroso compito. Rileggere ora quegli eventi ritengo rappresenti un dovere civico e morale. Non possiamo e non dovremmo dimenticare la storia che ci ha preceduto e per questo non possiamo che ringraziare il prezioso lavoro di un gruppo di donne oltre il consueto e in particolare di Michela Micocci che ha pensato di raccontarlo.

Paola Giannò

Foto in alto: da Il corpo e il nome. Gli ignoti delle Fosse Ardeatine

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