Ragazze elettriche, una distopia che lascia più argomenti di riflessione

In un mondo parallelo, nelle donne si sveglia un potere sconosciuto che può sovvertire l’ordine delle cose. Gli uomini insorgono.

Nel 2017 è uscito per Edizioni Nottetempo il romanzo di Naomi Alderman Ragazze elettriche. Si tratta di una distopia in cui le ragazze adolescenti cominciano a manifestare un potere che permettere loro si sprigionare energia elettrica dalle mani (il titolo originale è proprio The power). Alcune settimane fa, poi, sulla piattaforma Amazon Prime Video è approdata la prima stagione della serie che ne è stata tratta. Le nove puntate che la compongono racchiudono più o meno metà romanzo. La trasposizione in pellicola è grossomodo attinente al libro, anche se gli sceneggiatori, tra i quali Alderman stessa, si sono presi alcune piccole libertà in fatto di personaggi e trama.

Guardando la serie e soprattutto ascoltando il libro, non è possibile non essere travolti da molte riflessioni riguardanti due argomenti principali: la parità di genere e la natura umana. Per quanto riguarda la parità di genere, la cosa che più mi ha disturbato è che gli uomini, una volta capito che le donne avrebbero avuto il potere di sopraffarli, hanno ingaggiato una vera e propria guerra per controllare e incatenare il nuovo potere delle donne. Non ho potuto fare a meno di pensare che provassero terrore davanti alla possibilità di diventare la metà più debole dell’umanità. Senza che le donne facciano nulla, che s’impongano sugli uomini con la violenza, vogliono togliere loro quell’opportunità. Così, d’ufficio, a prescindere. L’idea di perdere la loro sovranità di uomini, il dominio che da sempre hanno sulle donne, ha innescato, nella finzione narrativa, malcontento, recriminazioni e, addirittura, gruppi terroristici. Ma se quello a cui potrebbero andare incontro gli uomini non è altro che quello che vivono da sempre le donne, perché temerlo? La risposta è semplice: perché sanno che non è equo.

La condizione millenaria del potere maschile su quello femminile non è giusta, non è mai stata giusta, ma non viene messo in discussione che debba essere la norma. Ma in questa distopia dove s’immagina la situazione rovesciata ecco che gli uomini insorgono. Lamentano che devono riprendere il loro ruolo di “maschio alfa”, che sono loro a dover comandare, a essere più forti, perché così è sempre stato e deve continuare a essere. Ma nessuno si ferma a riflettere sul fatto che i loro timori di soggiogamento sono gli stessi che le donne vivono da sempre. Quindi a me sorge una domanda: se non è giusto per gli uomini, perché dev’esserlo per le donne? Quasi nessuno dei personaggi maschili del libro o della serie se lo chiede, tranne uno, Tunde Ojo, un giornalista freelance. Più volte nella narrazione, Tunde vede il potere delle donne come opportunità emancipativa del pensiero maschile. C’è una scena nella serie – non nel libro – in cui sta partecipando a un matrimonio. Lo sposo sta per mandare a monte le nozze perché ha scoperto che la futura sposa ha il potere e teme che possa usarlo contro di lui. Tunde gli fa una semplice domanda, gli chiede se è consapevole di quanto siano grandi le sue braccia. L’amico annuisce, e allora Tunde gli fa capire che anche lui potrebbe farle del male senza problemi, ma la ama e non lo farà. Così lei ama lui e non userà il suo potere per ferirlo.

Questa scena sottolinea come le donne siano costantemente in pericolo, essendo fisicamente più deboli degli uomini. La cronaca quotidiana non inventa nulla quando riporta violenze di genere, femminicidi e quant’altro, ma nonostante questo le donne si affiancano agli uomini, purtroppo anche a quelli sbagliati. Cosa dovremmo fare, non amare, non vivere, perché un uomo è potenzialmente un pericolo per la nostra sicurezza? No, non lo facciamo, ci fidiamo, crediamo più nella persona che nel pericolo che potrebbe rappresentare. Sbagliamo? Sì, troppo spesso sì.

L’altra riflessione riguarda la natura umana. La storia ci ha insegnato che l’uomo (inteso proprio come essere umano di sesso maschile) ha usato la forza per conquistare qualsiasi cosa. Terre, donne, ricchezze, tutto è stato preso con l’uso della violenza. Più un uomo aveva potere più lo usava per ingrandire i suoi possedimenti, di qualsiasi genere essi fossero. In Ragazze elettriche Roxy, Allie (Eve), Margot, Tatiana, Jos, usano il proprio potere. Ognuna in modo diverso e con un’escalation personale, ma resta il fatto che lo usano fino ad arrivare a eccessi estremi. Perché lo fanno? Non hanno imparato niente dal passato? L’idea di giustizia si è così distorta nella loro mente da non lasciare più spazio all’umanità? Ecco allora che il titolo originale del libro prende un significato tutto nuovo, riferendosi non solo al potere fisico, ma anche al potere che quel potere dà.

Naomi Alderman ha immaginato un mondo diverso, evoluto se si considera il mutamento genetico delle donne, ma lo stesso vecchio mondo dove vince sempre la ragione del più forte. Il suo è un romanzo che spinge alla riflessione sia uomini che donne, ognuno all’interno del proprio intimo e nell’esperienza personale. Se si è abbastanza saggi da mettersi in discussione lo si è anche per accogliere dubbi e pensieri che possano nascere da una storia che non ci appartiene, così lontana dalla realtà ma allo stesso tempo così simile. Mi vengono in mente titoli come La fattoria degli animali, 1984 o Fahrenheit 451, tanto distanti alla realtà nelle vicende ma altrettanto vicini sotto l’aspetto umano. Anche Ragazze elettriche ha la stessa capacità dei grandi classici sopra citati ed è proprio questo il suo potere: innescare pensieri critici.

Serena Pisaneschi

Foto in altro: locandina della serie Ragazze elettriche

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