Donnaridens: l’umorista all’opera. Fran Lebowitz, New York e la scrittura

Fran Lebowitz - Foto di Christopher Macsurak da Wikimedia Commons
I testi della più grande autrice non scrivente raccolti nel volume La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire.

Opinionista schietta e incontenibile, icona modaiola, collaboratrice di grandi artisti e intellettuali, come Toni Morrison e Andy Warhol (con il secondo, in realtà, i rapporti furono sempre un po’ complicati), Fran Lebowitz è universalmente conosciuta come la scrittrice che non scrive per antonomasia. Nel corso della sua carriera Lebowitz, infatti, ha dato alle stampe due soli volumi, Metropolitan Life e Social Studies, e dagli anni ’80 non ha più prodotto quasi niente. Ha rilasciato interviste e tenuto public speach, e tra le sue carte deve esserci anche un abbozzo di romanzo di cui parla spesso, ma che non ha mai completato né probabilmente completerà mai.

Con Lebowitz ho fatto una specie di gioco: non sapendo molto di lei, dapprima ho evitato di vedere la serie e il documentario diretti da Scorsese e mi sono voluta costruire un’idea tramite i testi raccolti nel volume La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire, edito da Bompiani nel 2021. Devo dire di aver letto alcune tra le pagine più esilaranti della mia vita. Caustiche e verissime, perché non si può fare a meno di dare ragione – nessuno oserebbe farlo – a Lebowitz.

LebowitzHo visto una donna dalle umili origini di cui non fa mistero nella divertente Questione di lignaggio: trattato sulla famiglia, dove narra della sua genealogia a partire dalla nonna paterna, nata in un ghetto ungherese ed emigrata negli Stati Uniti. Una rivoluzionaria allo stesso tempo tradizionalista, un’omosessuale che non comprende il bisogno dei gay di sposarsi, ma forse solo perché la fedeltà non sembra essere il suo forte. Una che non tollera l’opinione pubblica, il populismo, la volgarità, la perdita di tempo, la stupidità, annoiata dalla scienza e dagli scienziati, amante dei bambini (purché non siano accompagnati dagli adulti).

Una persona newyorkcentrica, che vede e giudica dal punto di vista di chi si identifica con la Grande Mela e guarda, ad esempio, alle città italiane che ha avuto occasione di visitare, Milano e Roma, come se fossero piccoli centri di provincia. «A Milano lavorano tutti, e se piove danno la colpa a Roma […] A Roma non lavora nessuno, e se piove […] danno la colpa a Milano» scrive. Una donna che sicuramente ha sofferto, di certo per la mancanza di denaro o di un’istruzione “regolare”. Una che è perfettamente consapevole di possedere un acume fuori dal comune. Che, pur non scrivendo, è una vera scrittrice. Di testi pieni di osservazioni pungenti e inattaccabili sulla vita, la società e il mestiere di scrivere, che consiglio assolutamente di gustarsi piano, perché Lebowitz è parca di parole ma quelle che ha messo sulla carta vanno lette tutte.

Chissà cosa direbbe del nostro Paese se sapesse che è pieno di gente che scrive ma non ha niente dello scrittore? Per un attimo mi è venuto in mente che abbia fatto apposta a smettere di battere le dita sulla tastiera, visto che cominciavano a farlo in troppi. A tutti questi (includo me stessa, non mi ritraggo dalla dura realtà) rigiro il consiglio di Fran: «Se sentite l’urgenza cocente di scrivere o dipingere, limitatevi semplicemente a mangiare qualcosa di dolce: vedrete che la sensazione svanirà.»

Silvia Roncucci

In alto: Fran Lebowitz – Foto di Christopher Macsurak da Wikimedia Commons

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